Cosa sarebbe potuto essere. Questo un pensiero spesso ricorrente nei tifosi di ogni squadra riguardando alle occasioni perse e ai giocatori non attesi sufficientemente. Con i " se" e con i "ma" non ci si riscrive la storia, sicuramente, ma è utile ogni tanto guardare indietro per non commettere gli stessi errori di valutazione in futuro: questo quello che deve accadere in casa Inter ora che ci apprestiamo a schierare un'ipotetica formazione coi giocatori che hanno fatto le proprie fortune dopo essere stati ceduti dal club nerazzurro. Una semplice top 11 dei rimpianti dell'Inter. 

Le sliding doors fanno sempre parte del calcio, ma i componenti di questo ipotetico 3-4-3 sono probabilmente la massima espressione di questo concetto di cui spesso si abusa.  

EMILIANO VIVIANO

Mettiamo subito in chiaro le cose: all'epoca della proprietà di Viviano, l'Inter annoverava tra le proprie fila un certo Julio Cesar. Certo è, in ogni caso, che la sua cessione si sarebbe potuta gestire in maniera decisamente differente: acquistato in compartecipazione col Brescia, Viviano, all'epoca candidato per forza di cose a non più di un ruolo da terzo portiere, vide venduta l'altra metà del suo cartellino, per 3,5 milioni, nella stessa finestra di mercato dell'estate del 2009. Nel 2011 il passaggio a titolo definitivo in nerazzurro grazie ad una delle ultime buste, quando il Bologna, proprietaria dell'altra metà del giocatore, inserì una cifra inferiore per un errore dei propri dirigenti. Nel luglio di quell'anno la sfiga si accanì e arrivò, in allenamento, la rottura del crociato, così che l'anno dopo Viviano venne venduto ancora una volta per 8,5 milioni quando invece, acquisita maggiore maturità tecnica ed emotiva, era ormai candidabile a ricoprire il ruolo di secondo. Un pizzico di oculatezza in più avrebbe potuto garantire all'Inter un buon secondo su cui investire al termine del rapporto con il brasiliano, potendo reinvestire soldi altrove. Ma per l'Inter del post-triplete la situazione non era delle più rosee.

FABIO CANNAVARO

Tante storie circondano il periodo del napoletano in maglia nerazzurra, alcune al limite delle leggende metropolitane. È evidente, però, al di là di quella che possono essere le differenti ricostruzione storiche della vicenda, di come la sua cessione resti giudicabile quantomeno come affrettata e non abbia generato quanto ci si potesse aspettare da lui. Il suo tempo in nerazzurro era destinato a finire? Bene, ma scambiarlo per Carini non si è rivelata una scelta saggia né oculata.

LEONARDO BONUCCI

Per ottenere Thiago Motta e Milito si dovette rinunciare al centrale difensivo - fra gli altri - e in pochi, tra i tifosi nerazzurri, rimpiangono questa scelta. Visto, però, l'outcome di Bonucci e il corrispettivo periodo difficile nerazzurro ci si poteva garantire una qualsiasi forma di prelazione sulle sue prestazioni e ritornare su di lui nell'inverno del 2011 invece di investire altrove. Le cose, poi, non sarebbero magari andate nel modo in cui conosciamo adesso per il difensore centrale, ma questo rimane uno dei più grande "what if" della storia recente dell'Inter.

ROBERTO CARLOS

Cosa c'è da dire a suo riguardo che non sia stato già detto? Nulla. Il più grande errore di mercato dell'Inter di fine anni '90 che - contestualmente - è servito a costruire la mistica dei Galacticos vestiti di bianco, lasciando l'Inter con un pugno di mosche in mano e una maledizione, quella del terzino sinistro, che ha colpito a lungo i nerazzurri, come se la sua aurea aleggiasse su quella fascia rendendo difficile l'inserimento di qualsiasi giocatore di qualsiasi livello esso originariamente fosse.

CLARENCE SEEDORF

Una delle conseguenze di questa vera e propria maledizione fu la cessione di Seedorf. All'Inter l'olandese veniva schierato in fascia dall'allora tecnico Hector Cuper, che però ricercava un terzino a sinistra proprio per le mancanze spiegate da Roberto Carlos in poi; si arrivò così a Coco, che oggettivamente era destinato a essere "the next big thing" del campionato italiano. Ma per farlo, sull'altare dei sacrifici, si dovette immolare Clarence Seedorf. Un compromesso necessario, ma quantomai fatale. Che rimpianto Clarence Seedorf.

ANDREA PIRLO

Da dove iniziare? La premessa fondamentale è che la carriera del bresciano ha avuto la sua svolta grazie all'intuizione di Ancelotti di metterlo centrale di centrocampo e non trequartista, senza la quale, forse, la carriera di Andrea non sarebbe stata la stessa. Però, poi, si torna comunque a pensare a cosa si ottenne in cambio: Brncic più qualche miliardo. Ecco, diciamo che anche solo ottenere un corrispettivo economico sarebbe stato meglio e avrebbe attenuato il rimpianto, invece no. Per chi volesse saperlo, Brncic è allenatore del Seraing United (seconda divisione belga).

NICOLÒ ZANIOLO

Ogni tanto, per ottenere qualcosa, bisogna rinunciare a qualcosa di buono. L'Inter sottoposta all'ultimo anno di Fair Play era costretta, per tutta una serie di motivi, a racimolare all'incirca 40 milioni di euro entro il 30 giugno 2018. Due le strade: cedere uno tra Icardi e Skriniar (per Perisic, già in estate, le possibilità di plusavalenza a 40 milioni erano praticamente nulle), oppure provare a vendere un numero consistente tra i sempre appetibili giovani del reparto nerazzurro, cercando di limitare al minimo le cessioni dei big. In tutto ciò, come se non bastasse, Ausilio era al contempo chiamato a rafforzare la squadra: è lì, allora, che il fatto si compie. Spalletti vuole un trequartista, e Nainggolan dopo essersi mostrato su di giri a capodanno è dichiaratamente in uscita dalla Roma. L'idea dell'Inter è semplice: Zaniolo via per 4,5 milioni di euro, Santon, ipervalutato, proprio grazie all'inserimento del baby talento, a 9,5 - plusavalenze praticamente nette per l'Inter - e Nainggolan in nerazzurro. È vero anche, del resto, che l'ex Entella non fece quasi o nulla per istillare il dubbio che si stesse rinunciando troppo facilmente al suo talento visto il poco messo in mostra con la Primavera, specialmente nella parte finale della stagione, quando sembrava addirittura involuto rispetto ai primi mesi. Se le cose fossero andate diversamente nel suo anno con la Primavera nerazzurra, forse l'Inter avrebbe optato per un'altra contropartita e lasciato a Zaniolo la possibilità di crescere sotto il controllo del club milanese. Ma con i se e con i ma non si fa la storia, e oggi Zaniolo veste la maglia della Roma.

ALFRED DUNCAN

Questo è probabilmente l'errore di valutazione più sensibile degli ultimi anni, ancor più di Zaniolo - in cui comunque, come spiegato, hanno inciso maggiormente altri fattori -. Duncan è stato per 6 anni sotto l'egida dell'Inter, che ne ha monitorato la sua crescita prima al Livorno poi alla Sampdoria senza però riuscirne a intravedere il potenziale nonostante sarebbe stato possibile inserirlo all'interno delle rotazioni nerazzurre visti i tanti problemi dovuti alla ricostruzione. Mentre Duncan viaggiava sull'A12, l'Inter provava a inserire Alvarez come mezz'ala sinistra o inseriva Kuzmanovic o provava Obi, quasi sempre condizionato dalle sue condizioni fisiche precarie: dare una chance al giovane ghanese sarebbe stato anche abbastanza facile, invece si è preferito incassare 2,5 milioni.

PHILIPPE COUTINHO

Economicamente parlando, la sua cessione fu un capolavoro: si ottenne una cifra importante per un giocatore che non aveva giocato praticamente mai, era andato via all'estero per riacquistare fiducia, ma che dopo essere tornato aveva steccato ancora una volta. Il problema, però, è simile a quello rinvenuto con Duncan: in un momento difficile si sarebbe potuto - e, col senno di poi, dovuto - dare più spazio al giovane dandogli la possibilità di adattarsi al campionato italiano. Si è preferita invece la via certamente più semplice ma meno redditizia: la cessione. Un errore, sul lungo periodo, ma in quel momento sembrava la cosa più giusta da fare. Piccolo dettaglio: Coutinho, dopo aver entusiasmato a Liverpool, è passato al Barcellona per 120 milioni di euro più 40 di bonus. Quella che, tradotta in poche parole, si sarebbe potuta definire come la plusvalenza delle plusvalenze.

ROBBIE KEANE

Un investimento molto oneroso nel 2000 quando arrivò che non riuscì mai a inserirsi in un gruppo comunque pieno di giocatori e attaccanti fenomenali. Si poteva lavorare rendendo Keane un uomo in grado di dare alternative dalla panchina, invece si diede in prestito dopo 6 mesi per poi cederlo l'estate dopo. Fretta, sempre molta fretta che condiziona il risultato dei giocatori: questo il problema storico dell'Inter specialmente con gli attaccanti e Keane è forse ne è uno dei più chiari esempi.

XHERDAN SHAQIRI

Probabilmente una delle operazioni meno chiare dell'ultima gestione nerazzurra: un giocatore gestito per 6 mesi e rivenduto allo stesso valore di acquisto. Nessun guadagno economico, nessun upgrade considerevole nel ruolo dopo averlo cercato insistentemente. Una valutazione errata da parte dello staff tecnico dell'epoca che ha bocciato lo svizzero dando la possibilità al giocatore ex Bayern Monaco di vivere una seconda chance di livello in Inghilterra: dopo tre stagioni di ripresa allo Stoke City, oggi Shaqiri è un rincalzo di livello al Liverpool. E che non si capisce per qual motivo non avrebbe potuto esserlo all'Inter, dove probabilmente sarebbe ancora oggi qualcosa in più di una semplice riserva.