Il secondo argentino a vincere due scudetti col Napoli. La più tenera delle ripetizioni. Giovanni Simeone l’ha interpretata senza il pallone. Là, dove vibra quel pensiero a custodia del più grande di sempre, meglio, dell’uomo superiore all’artista, eletto nella tensione per cui il prodigio cede il passo all’umanità. Confusa in tempesta e rimpianta alla luce di un sereno ancora oggi contemplato a fatica. 

Ci voleva un ragazzo intelligente. Ci voleva uno in grado di superare l’importanza delle prestazioni. Un’intima commozione, discreta, pulita, come lui, a dirsi sottovoce che gli anni di Simeone a Napoli si sono regalati tante cose. E tra queste un uomo presente tanto a se stesso quanto a un ambiente in cui la sua bandiera inevitabilmente ha dovuto rievocare la parte più struggente di una storia che mai avrà fine.

Di Giovanni Simeone, peso decisivo nel terzo scudetto e carica emotiva nel quarto, non si ricorderanno i gol, le giocate o la faccia radente al terreno di gioco nei minuti finali di un Napoli-Juve decisiva in mezzo alla stagione più vibrante di sempre. Almeno non solo quello. No, di Simeone si ricorderà un’umanità seria, senza spirito di imposizione, sempre pronta a una disponibilità dettata non solo dalla professionalità, ma dalla sacralità di un luogo dove la provenienza conta. 

A Giovanni Simeone sono brillati gli occhi sin dal primo momento. Dal diniego pudico e discreto al giornalista che dopo la partita col Liverpool gli chiese di baciare nuovamente il suo tatuaggio, “Il tatuaggio non lo bacio adesso. È una cosa seria. Lo bacerò quando sarà il momento”, alla dichiarazione tra le più poetiche ascoltate a Napoli, “Non è il mio sogno. È il sogno di tutti”.

Quasi tre anni fa, pochi mesi dopo il suo arrivo a Napoli, in questo blog furono sottolineate le qualità umane di una persona che è stata in grado di non farne smentire nessuna. Adesso quelle qualità meritano una conferma che ha diritto a tutta l’ammirazione che in questo calcio è spesso messa a dura prova. Allora scrissi che Maradona sarebbe stato fiero di lui. Quella fotografia di un bambino sorridente insieme al più grande di tutti i tempi oggi è l’affresco per cui gli occhi di chi lascia il segno sono sempre gli stessi.