Sarà pure stata mordi e fuggi, ma la prima giornata bianconera di Arthur ha aperto un mondo. E’ bastata per immaginare il domani, quel che sarà dopo questi due mesi sospesi. Qualche idea ce l’ha il suo primo maestro, Felipe Scolari, santone brasiliano campione del mondo con la Seleçao nel 2002. Lui era al Gremio nel 2014-15 quando il neo-juventino veniva a bottega in prima squadra. Ha visto il talento crescere sotto ai suoi occhi e non è certo stupito di vederlo ora a Torino: «E’ il luogo perfetto per lui», dice ai microfoni della Gazzetta dello Sport. Certo, alla Juve trova pure il pupillo preferito da Felipao, quel Cristiano fatto esordire con la maglia del Portogallo.

Scolari, che ricordi ha del giovane Arthur?

«La sua qualità tecnica! Era già là, evidente, anche se aveva solo 18 anni: giocava a testa alta, aveva la capacità di passare la palla immediatamente, di trovare il compagno smarcato e farsi trovare smarcato. Non ha molta forza fisica, ma col senso della posizione supplisce e nel tempo è pure maturato. In quella stagione ho iniziato a portarlo in panchina e, anche senza giocare, gli ha fatto bene assaggiare l’aria della prima squadra. Poi dall’anno dopo ha trovato continuità».

Ma è più adatto al calcio italiano o a quello spagnolo?

«A entrambi. Arrivando in Europa e al Barça, è sbocciato: ha visto realtà diverse e ora può sostenere anche l’esame tattico del calcio italiano. Per me il suo ruolo ideale è quello di secondo centrocampista che distribuisce il gioco: non è né un tradizionale regista arretrato né un trequartista avanzato».

Perché ci ha messo così tanto ad accettare la proposta della Juve, secondo lei?

«Beh, perché sta pur sempre giocando con il Barça, non è facile da lasciare. Aveva, però, una aspettativa diversa e per questo tentare col calcio italiano è l’opzione migliore: sono sicuro che farà benissimo, senza cambiare mai se stesso o essere costretto a snaturarsi».

Eppure quest’anno si è un po’ perso: cosa gli manca ancora per essere un top?

«E’ già un top, non ci sono dubbi. Uno che vince al Gremio e poi è comprato prima dal Barça e poi dalla Juve, che cos’è? Non è vero che non ha continuità, tornerà al suo livello solito cambiando squadra. Forse persino meglio...».

Chi ci guadagna dallo scambio Arthur-Pjanic: la Juventus o il Barcellona?

«Tutti e due e nessuno dei due. Impossibile rispondere a questa domanda visto che entrambi sono destinati a essere centrali nelle loro nuove squadre. Se poi vinceranno o perderanno, non dipenderà solo da loro o dall’adattamento. I club sono sempre sistemi complessi...».

Ad Arthur farà bene avere tanti brasiliani a Torino. Ma perché né Alex Sandro né Douglas Costa né Danilo hanno reso con continuità?

«A me sembra che giochino molto bene... Sia con il loro club sia quando li vedo in maglia verdeoro. Poi non partecipo agli allenamenti e non posso sapere se hanno davvero qualche limite caratteriale».

Conosce Maurizio Sarri?

«Certo che lo conosco e mi piace tantissimo. E’ un allenatore di livello mondiale. La mentalità offensiva di Sarri è qualcosa di molto interessante per l’Italia: lui ama come me il gioco di qualità. Arthur è abile a giocare a due tocchi e ora trova l’allenatore perfetto per potersi esprimere: penso che sarà un grande matrimonio».

Al Gremio ha lanciato anche Everton, che piace al Napoli: che ne pensa di questo altro possibile affare?

«Everton era nello stesso gruppo di Arthur. Forse è meno conosciuto, ma è altrettanto interessante: è un giocatore veloce, che ha dribbling e, soprattutto, il gol nella testa. E’ la prima cosa che ha in mente già prima di ricevere palla: una dote che hanno pochi. Offre sempre ai compagni l’occasione di un lancio. Se finalizzerà l’affare, il Napoli farà un colpo molto importante e otterrà la profondità che forse gli manca».

Quale è la prima parola che le viene in mente se le dicono Cristiano Ronaldo?

«Ammirazione. Io provo ammirazione sincera per lui, come uomo e come atleta. Il suo segreto è che si preoccupa di fare ogni cosa al meglio tutti i giorni. Non accetta niente che non sia il meglio e controlla tutto. Riuscirci non è facile mentalmente, ve lo assicuro».

Onestamente, secondo lei quanto durerà ancora?

«Almeno per due o tre anni sarà ancora uno dei migliori del pianeta grazie all’esuberanza fisica. Lui sa esattamente cosa fare per tenersi al top, per essere in condizioni migliori degli avversari e dei compagni. E’ un bene che continui per tutti quelli che amano il calcio».

E lei continuerà? Magari in Europa?

«Continuo. E se avessi l’opportunità di tornare in Europa, certamente lo farei. Ho ricevuto un paio di proposte, ma la pandemia ha cambiato tutto. Bisogna pensare bene. Ma sì, mi piacerebbe molto anche lavorare in Italia. Sono passati molti anni da quando nel 2002 parlai con la vostra Federazione, ma non se ne fece nulla e poi andai al Portogallo...».

Felipe Scolari (Getty Images)