Olivier Giroud, attaccante del Milan, ha parlato della sua prima stagione in Italia nel corso di un'intervista concessa a Tuttosport. Queste le parole dell'attaccante francese.

Intervista a Giroud sullo scudetto

Vittoria?

«È davvero un’emozione pazzesca questo scudetto. Come sapete, nella mia lunga carriera ho vinto qualcosa, ma questo è speciale perché è come se anche noi giocatori avessimo aspettato undici anni, come i tifosi, con i quali si è creata un’osmosi particolare. Abbiamo sentito la loro emozione per questo scudetto e sono molto, molto orgoglioso di far parte di questa squadra che ha dei sostenitori così. Abbiamo fatto una grande stagione anche per loro». 

Attesa personale dal 2012 in Francia?

«È vero, l’attesa è simile, ma in realtà è tutto diverso. Perché il Milan è un grandissimo club, che ha vinto tanto in Italia e all’estero. E allora, per un club così, stare 11 anni senza tricolore è qualcosa di doloroso. Non esiste. E noi finalmente abbiamo messo fine a questa ingiustizia».

Storia?

«Sono cresciuto con il mito di Shevchenko . Era il mio idolo, godevo per i suoi gol, festeggiavo le sue vittorie. Ritrovarmi adesso, tanti anni dopo, a vincere con la sua stessa maglia, resta per me un momento particolare. Ho su whatsapp il suo messaggio vocale, ha voluto farmi i complimenti di persona, Mi ha ringraziato per lo scudetto, mi ha applaudito per i gol che ho realizzato. Capite che per chi è cresciuto avendolo come idolo, è un’emozione incredibile». 

Intervista a Giroud sui gol pesanti

 
Gol pesanti?

 «Non sono tantissimi, ma per fortuna ho segnato quelli che contavano davvero, che facevano la differenza. La doppietta all’Inter mi ha fatto subito capire che valeva davvero... doppio: perché vincevamo la partita, ma anche perché eravamo davanti nelle sfide dirette. E se avessimo pareggiato a Reggio col Sassuolo, avremmo vinto comunque il titolo». 

Intervista a Giroud sui singoli

 
Ibra?

 «Per me è un onore aver riscritto la storia del Milan in sua compagnia. Ha qualche anno in più di me e, quando ancora dovevo diventare calciatore, lui era un mio punto di riferimento. La sua personalità, nella squadra, è troppo importante». 

Leao? «Ho visto subito, appena sino arrivato al Milan, che lui aveva un grande, grandissimo potenziale. E che se avesse preso coscienza delle sue capacità, sarebbe andato in alto, molto in alto. Ha solo 22 anni e nella mia carriera ho giocato con tanti giovani della sua età: ma sinceramente non me ne ricordo uno altrettanto forte».  

 
Mondiali?

 
 «Vediamo, ho giocato, ho segnato e adesso sono a soli 4 gol da Henry . Ma se mi chiedete quale fosse il mio obiettivo, quando sono arrivato al Milan, non era certo riconquistare la Nazionale».