Domani saranno ben 2773 anni. Già, perché la prima pietra venne posta il 21 aprile del 753 a.C. e da lì sono passati fiumi di storia. Roma, così, domani festeggerà il suo Natale in modo dimesso, causa coronavirus. Ma dalle parti dell’Eur si chiedono invece quanti giorni dovranno ancora passare per un’altra prima pietra, quella dello stadio di Tor di Valle. Perché proprio in questo periodo è stato tagliato il traguardo dei 3000 giorni di attesa dal giorno in cui James Pallotta e Luca Parnasi firmarono a Miami l’accordo per la costruzione del nuovo impianto. «It’s a big day», disse quel giorno Pallotta. Tremila giorni dopo (oltre otto anni), chissà come commenterebbe ora... Già, perché proprio mentre l’iter sembrava essere arrivato all’ultima curva, ecco che il coronavirus ha bloccato tutto anche qui.


Roma, ecco la soluzione per il nuovo stadio

Niente festeggiamenti, quindi, un po’ proprio come per il Natale di Roma. La variante e la convenzione urbanistica sono infatti ancora fermi nei vari dipartimenti del Comune di Roma, in attesa della loro approvazione. L’okay sembrava poter arrivare proprio nel mese di marzo, prima che il Covid-19 sbaragliasse il campo e cambiasse i piani anche da questo punto di vista. All’Eur ovviamente sperano che con la ripresa delle attività, a maggio possa esserci anche il passo finale verso l’approvazione definitiva. Passo che dovrà essere effettuato dall’Assemblea di Roma Capitale. Con l’okay che dovrà arrivare proprio alla variante ed alla convenzione (il contratto tra pubblico e privato) che si baserà su tre contratti distinti (interessati il Comune, la Regione Lazio, la Città Metropolitana e Acea). Dovesse arrivare l’okay, sarebbe almeno un sorriso in più in un momento di grande difficoltà per tutti. Anche per la Roma.