Sven-Goran Eriksson tifa Inzaghi per lo scudetto. L'ex tecnico della Lazio, intervistato dalla "Gazzetta dello Sport", ha voluto sostenere l'attuale allenatore dell'Inter ricordando lo storico scudetto vinto a Roma nel 2000. Con tanto di epilogo incredibile. Lo stesso che servirebbe ai nerazzurri domenica, per spuntarla sul Milan.

Sulle parole di Inzaghi

"Mi fa piacere che, per stimolare tutti, abbia riparlato della nostra impresa. Uno scudetto unico per come è arrivato e, forse, per questo, ancora più bello. Non si può scordare, è una di quelle cose nella vita di cui parli sempre e non ti stanchi mai di farlo. Ricordo la mezzora in spogliatoio con la radiolina aspettando che finisse Perugia-Juve. Nessuno si faceva la doccia, uno spogliatoio muto, paralizzato. Io camminavo, pensavo, del resto cosa altro potevo fare? Poi una festa meravigliosa e meritata. Nella vita, e quindi anche nello sport, la parola “mai” non deve esistere. Può succedere tutto, anche le cose in apparenza più impossibili possono capitare se non ti arrendi e fai il tuo dovere fino in fondo. Per questo, bisogna crederci sempre: sono sicuro che Simone e l’Inter ne sono convinti. Se mi do un merito per lo scudetto del 2000 è che, nonostante tutto, un mese prima ci credevo davvero. Attorno a me quasi nessuno aveva quello stesso pensiero, il presidente Cragnotti era scettico e, invece, ripetevo a tutti: «Vedrete che succederà...»".

Sullo scudetto di oggi

"Perché pensare il contrario in partenza? Perché dare qualcosa per scontato? Eppure così tanti anni di calcio dovrebbero averci insegnato che la sorpresa può succedere sempre. Se poi non dovesse andare bene, non sarebbe un dramma né per l’Inter, che ha comunque vinto due trofei, e né per Simone. La sua carriera è appena iniziata e, in ogni caso, io sarò sempre un suo tifoso. Se il Milan vincerà lo scudetto, allora vorrà dire che ha avuto qualcosa in più: meriterà un giusto applauso. Ma dalle sconfitte ci si rialza, le delusioni insegnano. Io, ad esempio, mi sono trovato nella situazione opposta, quella di chi viene beffato all’ultimo, non una ma due volte: proprio l’anno prima dello scudetto della Lazio, quando ci superò il Milan, e non dimentichiamoci di quando allenavo la Roma nel 1985-1986. Pensavamo di potercela fare dopo una grande rimonta, ma poi sul più bello, alla penultima con il Lecce, siamo caduti...".

Sull'esito del campionato

"Non so dire, non faccio percentuali o pronostici. E non so neanche cosa sia successo all’Inter che aveva un grande vantaggio e poi l’ha perso. Avrei dovuto vedere tutte le loro partite, guardare le cose dall’interno per capire il perché di quei due mesi di difficoltà, ma non c’è niente di strano nell’attraversare periodi bui: è quasi normale in una stagione. Poi, ripeto, bisogna aspettare gli eventi. E magari guardare le condizione atmosferiche... Magari a Reggio Emilia inizia a piovere come a Perugia... Si scherza, ed è comunque un finale avvincente e bello per tutti gli appassionati italiani".

Su Inzaghi

"Mi ha stupito perché, rispetto ad altri giocatori che ho allenato, mi sembrava meno portato per la panchina e, invece, è risultato bravissimo. Io me lo ricordo bene in campo: era un attaccante con un grandissimo fiuto, un po’ come il fratello Filippo. Anche se giovane, era poi davvero un professionista: ad esempio, sapeva tutto dei difensori che andava ad affrontare. Sia alla Lazio che ora all’Inter è riuscito a dare un’impronta precisa, un gioco veramente piacevole". 

Eriksson e Inzaghi ai tempi della Lazio (Getty)
Eriksson e Inzaghi ai tempi della Lazio (Getty)