Colora di un azzurro vivido i ricordi Nino D'Angelo, che alla Gazzetta dello Sport dà il suo ritratto di Diego Armando Maradona all'indomani del saluto di Napoli, dell'Argentina e del mondo al Pibe de Oro: memorie affettuose, a volte intime, tra il cantante simbolo partenopeo e il fuoriclasse che ai napoletani regalò i sogni più belli.

Maradona, gli anni più belli

"Quando Diego è venuto a Napoli ha visto i manifesti per strada con un cuore e due volti, il mio e il suo: “Napule tre cose tene ‘e bell: Maradona, Nino D’Angelo e ‘e sfugliatell”... Pensava che fossi uno in cerca di pubblicità, era il periodo della mia più grande popolarità. Mi chiamò il Napoli e mi disse che voleva conoscermi: mi ha invitato allo stadio e siamo diventati amici. Gli anni più belli della mia vita: oltre al successo, da malato di calcio, e tifoso del Napoli, ho avuto il privilegio di diventare amico di Maradona. Lui era un antidivo: divo per forza, non perché lo voleva lui. Lo amavo come calciatore, ho imparato a conoscere bene l’uomo ed era una persona straordinaria. Aveva il suo caratterino: se ti doveva dire una cosa non te la mandava a dire. E anche nella vita era un rivoluzionario: con amici come Fidel e Chavez...".

Napoli e Diego: Maradona per i napoletani

"Diego era di tutti, era la Napoli borghese e popolare. Anche lui veniva dalle baracche: siamo quelli che hanno conosciuto anche l’altro lato del muro ma non ci siamo mai venduti. Io sono cresciuto nei vicoli, ho rispetto per la mia gente e lo vivo con fierezza. Diego amava la gente piccola, quelli che nascono per perdere. Lo abbiamo vissuto sulla nostra pelle. Le nostre famiglie erano povere, il destino ce l’ha dato il nostro talento. Il talento non è razzista, non guarda se hai i soldi o non li hai. Diego per Napoli? È come se fosse caduto il Maschio Angioino. Le leggende sono immortali già prima di morire. Finisce la persona, ma la leggenda non muore mai. Rivedo quel gol su punizione in area alla Juve, a 10 metri dalla porta, con la barriera a 5 metri: come si fa a segnare? Era l’artista del pallone, un calciatore infinito. I compagni gli dicevano: “Facci vincere, Diego”. Lui usciva come un gladiatore col pallone sotto braccio e la vinceva. Ma di cosa parliamo? È mancato il più grande".

Maradona, i ricordi di Nino D'Angelo

"Quando andavo a trovarlo, mentre parlava palleggiava spostando il pallone da una spalla all’altra con la normalità di chi si accende una sigaretta: nemmeno al circo. Ci siamo visti tante volte, spesso a casa di Peppe Bruscolotti: a Diego piacevano gli spaghetti aglio e olio di Mary, moglie di Peppe, e poi ci divertivamo. Mary aveva una stanza adibita a discoteca, dove con Claudia, la moglie, ballavano".

Nino D'Angelo (Getty Images)
Nino D'Angelo (Getty Images)