La maniera in cui parla di sé in terza persona non sarà un inedito nella sua carriera piena di tanta (giustificata autostima, ma le anticipazioni dell’intervista di Zlatan Ibrahimovic a Sportweek, pubblicate questa mattina dalla Gazzetta dello Sport, sono pesantissime. Sia a proposito del Milan: “Ibra gioca per vincere qualcosa o sta a casa, Ibra non è un giocatore da Europa League e il Milan non è un club da Europa League”, che a proposito del futuro del club rossonero. Chi è Rangnick? Non so chi sia Rangnick”, ironizza senza troppa diplomazia lo svedese.

Ibrahimovic, in campo per passione

“Come ti alleni giochi, e io devo fare ancora più degli altri”, dice l’attaccante svedese a proposito delle sue condizioni. “Solo così puoi fare ancora magie a 38 anni. E Ibra ha fatto di più, ha cambiato faccia al Milan. Ibracadabra qui è tornato per passione. Solo per passione, sto giocando gratis. Mi hanno detto che smettere in America era troppo facile. E allora sono tornato al Milan. Poi questo Covid ha fermato tutto, allora ho pensato: c’è qualcosa che non vuole che io smetta... Per fortuna abbiamo ricominciato. Si è messo di mezzo anche il polpaccio, ma io due giorni dopo ho detto ‘sono pronto, torno in squadra’. Ibra è così. Ma loro mi hanno frenato“. 

Pessimismo sul futuro in rossonero

“Perché Ibra è nato per giocare a calcio ed è ancora il migliore a giocare a calcio”. E sul suo futuro: “Vediamo come sto tra due mesi. E poi vediamo cosa succede con il club. Se la situazione è questa, è difficile vedermi al Milan il prossimo anno, sono onesto. Ho parlato per me e per la squadra, è stato un confronto necessario. Non era cattiveria la mia. Ma bisogno di avere spiegazioni sul futuro, il mio e quello del Milan”.

"Non è il mio grande Milan"

Sulle sue dichiarazioni nel postpartita di Milan-Juve, Ibrahimovic ribadisce l’idea: “Ho detto che il Milan non è il mio grande Milan, è vero. Ma dobbiamo fare tutto il meglio possibile anche in questa situazione. Sino alla fine. Ibra c’è, ci pensa Ibra. Io devo esserci per forza o li perdi i tifosi. Non so se c’è un altro club dopo il Milan, io non chiudo mai le porte. Ma vado solo in un posto dove comando, non in un posto in cui le parole non valgono niente. Ho ancora troppa passione per quello che faccio”.

Getty Images
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