Questa stagione rischia di passare alla storia come tra i più grandi rimpianti della storia recente del calcio a Napoli. La breve permanenza in Europa League e l’uscita al primo turno di Coppa Italia erano passate quasi sotto silenzio, paradossalmente nella maniera più indolore possibile. C’era lo scudetto. Sì, perché sin dal principio il Napoli si era candidato come tra le grandi favorite. 

Tuttavia, la prima sconfitta in campionato, maturata al Meazza per mano dell’Inter, aveva decretato l’inizio delle pene. Una serie incredibile di infortuni ha segnato l’organico azzurro quasi fino alla fine dell’inverno. La fine del girone d’andata e l’inizio di quello di ritorno sono costati al Napoli molti, troppi punti, probabilmente anche a causa del condizionamento sopracitato. In sostanza, qualcosa senza precedenti. Un’evidenza che in un’analisi generale non può essere trascurata.

Eppure, le occasioni non sono mancate. Anche quando Spalletti ha potuto contare su organico quasi al completo. In quel finale che i partenopei avevano così serratamente conservato stringendo i denti nel periodo più cupo della stagione, di fatto, ha rivelato alcuni momenti di fragilità. Diventa difficile individuare tutti quei momenti. Alcuni, però, emergono evidenti e spietati.

Ci sono partite chiave che hanno chiuso la porta della gloria a una squadra che avrebbe potuto conseguire quel successo. Sassuolo, Empoli e Spezia: un punto. A Reggio Emilia il Napoli vinceva 2-0 a venti minuti dalla fine. Poi, complice un crollo collettivo maturato a causa di calciatori fuori per un infortunio dopo l’altro, un pareggio che ha avuto il sapore della sconfitta. Intorno al successo di Milano col Milan, le due sconfitte casalinghe con Empoli e Spezia. Statistiche alla mano, zero tiri in porta subiti in 180 minuti. Eppure, due sconfitte. Un rimpallo e un’autorete hanno condannato il Napoli a lasciare per strada dei punti pesantissimi andati via tra le mura amiche. In tutto questo, le gare di Reggio e quella casalinga con l’Atalanta avevano visto un Napoli cadere in seguito all’uscita obbligata dei suoi uomini chiave in quei frangenti. Mezzo centrocampo e mezza difesa col Sassuolo e quel Lobotka infortunatosi pure con la Roma, momento decisivo negli equilibri tattici.

Poi, il secondo momento. Lo scontro diretto perso in casa coi rossoneri. Gara equilibrata decisa da un goal quasi casuale. Nel primo tempo, però, grida ancora vendetta un rigore “non visto” da arbitro e var ai danni di Osimhen. Il gioco, però, nella partita che avrebbe potuto decidere una stagione era mancato clamorosamente.

L’ultimo passaggio a vuoto, quello della speranza, si è verificato quando il Maradona al completo non si è fatto attendere. Dopo il successo di Bergamo, gli appuntamenti casalinghi con Fiorentina e Roma avrebbero dovuto rappresentare le due finali da vincere. Ma un solo punto conquistato ha detto che il sogno scudetto sembra destinato a restare tale.

Il Napoli dai guai di novembre non si è più ripreso. Il gioco si è visto solo a sprazzi e la sicurezza delle prime 12 giornate è scomparsa. Un ibrido tattico senza troppa convinzione ha accompagnato i lanci lunghi per Osimhen, spesso infruttuosi, e l’utilizzo col contagocce di un Mertens immalinconito, eppure così vivo e brillante ogni volta che è stato chiamato in causa. Tutto compassato in ostinatezze che portano il nome di uno Zielinski spento e l’applicazione monotematica di due esterni offensivi a corrente alternata. Una mediana incostante ha costretto a una maggiore sofferenza una difesa che ha perso il primato del miglior reparto arretrato e un collettivo dai mille volti, non sempre tutti belli, in una sola partita ha trascorso i mesi ad avvicinarsi e ad allontanarsi da una grande occasione.

Alcuni Napoli degli anni passati un campionato così lo avrebbero dominato, in assenza di avversari di caratura. Una Juve modesta, una Roma in rodaggio, un Milan volenteroso ma con qualche limite tecnico e un’Inter a lungo in difficoltà non avrebbero rappresentato chissà quali avversari. Purtroppo, al di là degli episodi sfortunati, questa rischia di passare alla storia come il campionato in cui il Napoli è stato il peggior avversario di se stesso.