Qualcuno legge queste parole di Vincenzo Spadafora come il mantra della prudenza da preservare senza battere ciglio. Altri, però, le interpretano come una sorta di "ricatto", della serie: o stanno tutti bene, oppure il primo che si ammala fa bloccare tutto. Una specie di "è colpa sua, non dipende da me" magistralmente legittimato. Scenario a cui con ogni probabilità si andrà incontro, visto che il calcio non è soltanto uno sport di contatto (saliva, sangue, sudore e altre secrezioni), ma presuppone anche l'avere a che fare con magazzinieri, staff degli alberghi quando si andrà in ritiro e qualsiasi altra persona semplice, che sia un tifoso o un tizio incrociato per caso. Tutta gente potenzialmente contagiosa e asintomatica che - potremmo scommetterci - il tampone non lo farà. O, quanto meno, non in tempi così brevi. 

Insomma, il contagio è e resta dietro l'angolo, qualunque fosse stata e qualunque sarà la decisione presa e da prendere. Ma, alla luce delle dichiarazioni del nostro ministro dello Sport, sono almeno tre gli interrogativi che sorgono spontanei. Domande a cui ci auguriamo possa rispondere il più in fretta possibile. Quesiti e dubbi più che leciti che, al momento, restano lì, sospesi nel vuoto.

1) Spadafora ha categoricamente imposto che se c'è un contagiato, tutti i compagni e lo staff devono mettersi in quarantena, dunque isolarsi per almeno 14 giorni. Domanda: ammettendo che il campionato possa ripartire il 13 giugno e che per esempio il caso positivo emerga il giorno 10, che si fa? La squadra perde automaticamente a tavolino le giornate che avrebbe dovuto disputare tra il 10 e il 24 giugno o queste vengono (ulteriormente) rinviate?

2) La Germania ripartirà ufficialmente con la Bundesliga a breve il 16 maggio. E sugli eventuali nuovi contagiati ha preso una posizione chiara e netta da subito: quarantena per loro e solo per loro. Come mai l'Italia sul tema dovrebbe adottare un comportamento completamente opposto?

3) Si parla giustamente della stagione da terminare ma forse troppo poco della prossima che ipoteticamente dovrebbe cominciare tra settembre e ottobre. Ebbene, se un giocatore risulta positivo a fine settembre o in qualunque altro mese successivo, quali sarebbero le conseguenze? Ancora quarantena obbligatoria per tutta la squadra, magari in settimane in cui dovrebbe giocare anche la Champions League, allargando così la misura restrittiva a livello continentale?

Insomma, a conti fatti la sensazione che può scaturire dalla lungaggine decisionale del Governo è una sola: evitare che il campionato riprenda, ma evitare anche di dirlo pubblicamente a chiare lettere. Quasi come a voler dribblare a mo' di Ronaldo il Fenomeno le polemiche, la gogna mediatica, le reazioni dei tifosi, la crisi lavorativa che ne deriverebbe per un settore gigantesco come il Sistema Calcio, che coinvolge fuori dal campo almeno il quadruplo di coloro che nel rettangolo verde ci entrano.
E dribblare anche la cosa più importante: l'assunzione di responsabilità. L'autentica chimera dei giorni nostri.