L’inizio di stagione, sette gare di campionato e due di Champions, per il Napoli del secondo Ancelotti, quello del lancio definitivo, qualche attesa la sta ingannando. Soprattutto l’ultimo periodo, dalla sconfitta casalinga col Cagliari al pareggio esterno di Torino, con in mezzo lo 0-0 a Genk. Solo una vittoria, in casa col Brescia che coi sardi e il Toro fanno 4 punti in tre partite. Tanto è bastato per accumulare un ritardo in classifica di 6 punti dalla Juventus e 5 dall’Inter, col permesso di un’Atalanta che dal terzo posto sembra voler confermare il rendimento registrato nella scorsa stagione.

Le ultime tre gare di campionato avrebbero potuto rappresentare un’opportunità. In vista dello scontro diretto tra le prime due e, col senno di poi, di qualche rallentamento da parte di Lazio e Roma, i partenopei, con uno score migliore (e alla portata), avrebbero potuto consolidare una posizione diversa in una classifica accorciabile e che avrebbe parlato una lingua diversa alla folla di polemisti di professione. Soprattutto, avrebbe consentito al Napoli di parlare diversamente a se stesso.

Questioni tattiche e individuali?

Ghoulam

Accantonando l’inconsistenza delle critiche al turnover, la sensazione più vicina alla realtà dei fatti proviene da un malessere tattico e di atteggiamento da parte di alcuni elementi che dovrebbero rappresentare punti di riferimento più affidabili. Considerando le ultime formazioni schierate da Ancelotti, Ghoulam a Genk e col Torino è stato preferito dagli altri terzini. A Torino, addirittura, l’algerino è partito dalla panchina nonostante l’assenza di Mario Rui. Hysaj è stato schierato titolare laddove l’impiego di Ghoulam sarebbe stato più prevedibile. Del resto, le ultime prestazioni del fluidificante africano non hanno ancora recuperato il livello che il suo profilo aveva maturato in passato. L’infortunio c’entra poco, considerando che durante l’estate erano stati proprio Ancelotti e il Napoli a dichiarare il pieno recupero del calciatore relativamente ai dati dei suoi test atletici, tra i migliori nel ritiro azzurro. Eppure, Faouzi Ghoulam appare ancora molto lontano dai suoi standard abituali prima del doppio infortunio che lo aveva tenuto a lungo lontano dal campo. 

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Allan e Zielinski

Se Allan non sembra a suo agio impiegato come centrale di centrocampo, Zielinski continua a soffrire la sua apparente e preoccupante nostalgia di sé. Un calciatore tanto dotato di qualità quanto in evidente assenza mentale sul piano della continuità in partita e nell’arco di lunghi periodi. Aspetti già venuti fuori in passato, ma che ancora pesano sul rendimento di un calciatore che, se riuscisse ad acquisire una maggiore personalità, potrebbe diventare tra i migliori elementi del campionato. E, sul piano tattico, il suo impiego non sembra confortarlo.

Insigne

Dopo la gara di Lecce, Lorenzo Insigne ha improvvisamente abbassato il suo rendimento. Lo ha fatto allentando la lascia che dovrebbe vederlo costantemente impegnato non soltanto nel gioco, ma pure nella spinta psicologica ed emotiva della squadra. Invece, col Cagliari e col Torino, in mezzo le due esclusioni con Brescia e Genk, si è visto un Insigne dallo spunto raffinato, ma dal piglio a tratti svogliato. Il pallone non servito a Lozano o a Mertens nel contropiede che avrebbe potuto cambiare la partita col Torino è l’emblema di un improvviso indolente che il capitano azzurro ha mandato in scena in collaborazione coi mugugni e le polemiche alimentate da voci, atteggiamenti e diplomazie. E, nessuno sa se sia un caso, il calo dell’attaccante di Frattamaggiore è coinciso col calo di rendimento dell’intero reparto offensivo del Napoli, fino a prima della gara col Torino, numeri alla mano, tra i primi d’Europa.


Milik e Lozano

Il centravanti polacco, complice un impiego tardivo a causa di un infortunio che lo ha tenuto fuori per le prime giornate, è l’unico che ancora non ha mosso la voce goal e assist nei numeri dell’attacco azzurro. Col Genk, di fatto, è stato tra i protagonisti negativi, a causa soprattutto delle occasioni propizie non concretizzate. Per adesso, Milik sembra lo specchio oscurato di quel Llorente che, insieme a Callejon, Fabian Ruiz e Di Lorenzo, è tra i calciatori dei quali in questo momento il Napoli non può fare a meno. Sta diventando, invece, un caso paradossale, il primo rendimento di Lozano. L’attaccante messicano nelle prime uscite aveva positivamente impressionato, rispettando le attese che il suo investimento aveva sperato. Con Juve e Sampdoria erano arrivate risposte subito di notevole qualità, con un impatto di grande personalità da parte della giovane punta sudamericana. 

Poco a poco, poi, una progressiva involuzione sembra aver colpito il calciatore. Se schierarlo come prima punta o come seconda punta nel 4-4-2 poteva avanzare dubbi sulla sua idoneità a una funzione diversa rispetto al suo ruolo più congeniale a lungo interpretato con la maglia del PSV, la gara di Torino, che lo ha visto impiegato come esterno d’attacco, non ha consolidato questa giustificazione. Il rendimento di Lozano è apparso comunque appannato e poco incisivo. 

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Le giuste personalità?

Sorvolando sulla precarietà emotiva di calciatori come Koulibaly (che col suo rientro post squalifica dovrebbe restituire respiro alla rotazione in difesa) o come alcuni di quelli già citati, le note positive di questo Napoli arrivano dalla personalità mostrata da alcuni giocatori che, al momento, si candidano a proporsi come riferimenti privilegiati nella strategia di turnover perseguita da Ancelotti. A Torino, Di Lorenzo è stato tra i pochi a fornire spunti positivi. Come lui, anche Luperto, chiamato a sostituire Koulibaly in una gara delicata, ha mostrato carattere e disciplina tattica. Il Napoli, in questo momento più che in altri, ha bisogno di questi modelli caratteriali. Forse, per recuperare la giusta compattezza psicologica gli uomini di Ancelotti hanno bisogno dei Di Lorenzo, dei Mario Rui (attualmente molto più affidabile di Ghoulam) dei Manolas, dei Llorente e dei Meret, quest’ultimo sempre più in grado di fornire sicurezza al reparto difensivo. 

Chissà che la sosta, in un modo o in un altro, non serva a qualcosa. Di certo, adesso ogni dramma avrebbe del ridicolo, ma qualche campanello d’allarme sta suonando. Sarebbe bello, per chi lo ha apprezzato fino a poco tempo fa, rivedere quel Napoli che sa stare in campo, in cui i mediani seguono i movimenti degli esterni, gli attaccanti non danno punti di riferimento alle difese avversarie e molto altro di positivo. Quello che più impressiona di questo ultimo e recentissimo periodo del Napoli è l’inversione di identità che la squadra ha mostrato. Probabilmente, troppo improvvisa e rapida per essere vera.