Sono diventato tifoso del Milan attorno ai quattro anni e mezzo, cinque. A sei era la fine degli anni ’80, ed ero già un piccolo ultrà. Un bambino della stessa età, oggi, non ha mai visto perdere la Juventus. Non ha mai visto vincere altri, che non siano la Juventus. Ignora soprattutto cosa sia stato, e cosa possa essere, il Milan. Anno dopo anno, trovo questo pensiero agghiacciante e insopportabile.

Forse è soprattutto per questo che, con un pizzico di sadismo, Fantagazzetta mi ha scelto per raccontare assieme all’autore quello che nel settore sportivo è il caso editoriale dell’anno: Papà, Van Basten e altri supereroi (Book a book). Lui, l’autore, è Edoardo Maturo, e appartiene a quella generazione che, decisamente, sapeva cos’è il Milan. E sa quello che può essere. E sa che è una storia che non va dispersa sotto la polvere del tempo e dell’avvilimento, e va raccontata. Continuamente. A quelle generazioni che non sanno, e che dovrebbero.

Papà, Van Basten e altri supereroi è un’opera socialmente utile, perché, in barba alla tirannia a tinte bianconere, racconta l’epopea che fu, gli ideali che furono, i personaggi leggendari che furono. Lo fa come fosse una favola della buonanotte, raccontata ogni sera al piccolo di casa, Leonardo, che ha la colpa quanto l’invidiabile fortuna di ritrovarsi un papà innamorato dei colori giusti, e con bene in mente la leggenda giusta: favola della buonanotte dopo favola della buonanotte, si succedono i supereroi: Cuore di Drago, il Bambino d’oro, Re Carlo, Superpippo, il Cigno di Utrecht e via discorrendo. Tanta, sana e nostalgica educazione per le nuove generazioni: la nostra generazione di milanisti ha il dovere morale di tramandare la leggenda, ed Edoardo lo fa con questo libro, che è come parlasse a tutti i bimbi calciofili del mondo.

Edoardo, nella tua opera fatta di racconti, superpoteri e magie il Milan (e come non condividere…) è il bene, la Juventus il male. Il problema è che il bene non lo vediamo messo benissimo. Credi che con i cinesi il crepuscolo sia alle spalle, o per confortarci dovremo chiamare ancora a lungo in causa i supereroi di un tempo?

“Io credo che quello che abbiamo visto e vissuto noi tifosi milanisti nati e cresciuti tra gli anni ottanta e novanta - la ‘generazione cresciuta a pane e Coppe dei campioni’ come la definisco nel libro – non lo vivrà mai più nessun tifoso al mondo, noi tifosi milanisti compresi. Detto questo il progetto dei cinesi mi sembra serio ed è sicuramente partito col piede giusto: il mercato, ovvio, ma soprattutto il ritorno di figure come Gattuso e Abbiati e la valorizzazione di Baresi e Galli sono mosse azzeccate e lungimiranti. Era da tempo che non vedevo così unita tutta la tifoseria rossonera e questo è sicuramente il modo migliore per ricreare un forte spirito di appartenenza”.

Vediamo tifosi rossoneri di otto, nove anni, e ci sembrano loro i veri supereroi: pensi che valga sempre la pena essere alfieri di sani principi, o temi che alla lunga il rischio sarà quello di sentirci tutti un po’ come gli interisti?

“Jorge Luis Borges diceva che ‘ogni volta che un bambino prende a calci qualcosa per strada lì ricomincia la storia del calcio’. Ecco, io penso che il calcio debba ripartire dai bambini, dalla gioia che ho visto negli occhi di mio figlio la prima volta che l’ho portato a San Siro. La recente vicenda di Gigio Donnarumma conferma una volta di più che il calcio non è più quello di una volta, quando c’era ancora spazio per bandiere e romanticismo, dall’altra parte i bambini di oggi sono come i bambini di ieri: hanno bisogno di supereroi che li facciano sognare. Per cui va bene raccontargli di Marco Van Basten, Kakà, Sheva e tutti i nostri vecchi supereroi, ma è arrivato il momento di avere nuovi supereroi rossoneri, di quelli con la esse maiuscola.

Per quelli della nostra generazione il Milan era (ed è) un ideale. Lo ha recentemente ribadito Giovanni Galli. “Ma cosa vi insegnano a scuola?”, scrivi a un certo punto. Ma non ritieni che sia il Milan, più che la sua tifoseria, a dover tornare a insegnare se stesso, e la sua identità?

“Sì, nel libro dico che trovo scandaloso che a scuola si insegnino Napoleone e le Guerre Puniche e non si insegnino le rovesciate di Van Basten e lo penso veramente. Però hai ragione, sono anni che il Milan non si comporta più da Milan, c’è bisogno di ripartire da lì, dal senso di appartenenza di giocatori e tifosi. Ci sono da ricostruire legami di fiducia e credibilità e da crescere una nuova generazione di Baresi e Maldini, in questo senso siamo molto fortunati ad avere una persona speciale come Filippo Galli responsabile del settore giovanile: siamo in buone mani”.

Come per molti (il tuo libro racconta questo, del resto) la tua storia con il Milan è soprattutto una storia di famiglia. “Famiglia”, un tempo, era sinonimo stesso di Milan. Poi qualcosa è cambiato. Tu identifichi un momento preciso: l’addio di Shevchenko. Facciamo fina di essere in Sliding Doors, e nel 2006 Sheva non va via. Sarebbe andata comunque così, ad oggi?

"L’addio di Sheva è una ferita che brucia ancora adesso, inutile nasconderselo. Fino ad allora il Milan non aveva mai venduto nessuno dei suoi supereroi, per questo molti di noi hanno vissuto quel giorno un po’ come la fine dell’infanzia e l’arrivo dell’età adulta, quando sei costretto a cominciare a fare i conti con un mondo che non sempre è bello come ce lo immaginavamo. Comunque se nel 2006 Sheva non fosse andato via non sarebbe cambiato nulla perché dopo Sheva è arrivato Kakà e dopo Kakà sono arrivati Thiago Silva e Ibra… il problema è che la società, dopo più di trent’anni di investimenti, aveva deciso di smobilitare tutto e quindi prima o poi doveva succedere. Peccato perché in cinque anni sono quasi riusciti a rovinare trent’anni di gloria in Italia e nel mondo…

C’è un supereroe che non hai inserito, anche solo per ragioni di spazio? Magari, che so, uno Zorro in questo cinecomic ci sarebbe stato alla grande…

“Uno solo? Ce ne sono mille che avrei voluto inserire… Fortunatamente, avendo vissuto dall’inizio alla fine l’epopea dei grandi Milan ho uno scatolone dei ricordi pieno zeppo di supereroi che ho amato con tutto me stesso. Sicuramente Zorro avrebbe meritato più spazio così come Desailly, Massaro, Marco Simone, Sandro Nesta, Thiago Silva… quante ore posso andare avanti?”

Il futuro, e lo spazio ancora possibile per la nostalgia: all’indomani della storiaccia di Donnarumma, quante chance ti dai di vederti scrivere, tra 25 anni, qualcosa come “Nonno, Jack e altri supereroi”?

“Guarda il mio sogno era veder Leonardo un giorno scrivere ‘Papà, Gigio e altri supereroi’ e se promettete di non insultarmi o prendermi in giro, nel fondo del mio cuore, continuo a coltivare la speranza che questa cosa possa ancora succedere perché, purtroppo o per fortuna, nel calcio come nella vita sono un’inguaribile romanticone… Riguardo a Jack ha senz’altro tutte le caratteristiche per diventare capitano e bandiera di questo Milan ma prima c’è una cosa che deve fare: mollare il pizzaiolo…”