A fine Ottocento la madre di uno dei suoi calciatori rincorse per tutto il campo un avversario che con un’entrata aveva stordito suo figlio; il suo primo presidente, José Luis Gallegos, ai principi del Novecento proclamò il valore dell’accoglienza come motto della sua fondazione; lo stukas diede il nome al tridente d’attacco della formazione degli anni ’40 e ne fecero le spese Barcellona e Valencia, sonoramente battute per 11-1 e 10-3; nel 1992, per volontà del tecnico Carlos Bilardo, Diego Armando Maradona ne vestì la maglia al crepuscolo della sua carriera in Europa, mentre all’alba del nuovo millennio il club attraversò la tormenta di guai finanziari, retrocessioni d’ufficio e rendimenti scadenti sul campo. Ma è proprio durante uno dei suoi momenti più bui che il Sevilla Fútbol Club si ricostruisce sulla polvere delle sue rovine. Un’araba fenice destinata a entrare nella storia del calcio mondiale.

Fu proprio nei primi anni duemila che, sotto la guida del nuovo presidente Roberto Alés, il Siviglia inizia una rapida e sorprendente rinascita. Lo fa attraverso una politica societaria attenta e scrupolosa, oltre che con la capacità da parte del club di scovare e lanciare calciatori destinati a entrare tra i grandi nomi del calcio internazionale. Tra questi, per esempio, Daniel Alves. Dopo aver sfiorato la qualificazione in Champions League in un paio di occasioni, il Siviglia inaugura la lunga stagione dei suoi successi nell’annata 2004\2005, proprio quella che coincide col suo centenario.

La sera del 10 maggio 2006, ad Eindhoven, il Siviglia allenato da Juande Ramos si confronta con gli inglesi del Middlesbrough. Match valido per la finale di Europa League. Gli spagnoli sono arrivati all’atto finale dopo aver eliminato lo Schalke 04 in una combattuta semifinale, decisa da un goal ai tempi supplementari. Il Middlesbrough ha invece superato la Roma agli ottavi. Saviola e compagni sono dati per favoriti. Il pronostico non viene deluso e gli spagnoli travolgono con un secco 4-0 l’undici allenato da Steve McClaren. Una doppietta dell’italiano Maresca chiude i conti nella partita che regala ai biancorossi il primo successo di una serie che è appena cominciata. Il nuovo astro nascente del calcio europeo conquista pure la Supercoppa europea, battendo nella finale del 25 agosto 2006 il grande Barcellona di Messi, Eto'o e Ronaldinho. 3-0, con reti di Renato, Kanouté e Maresca. Il Siviglia, ormai, è tra le grandi del calcio continentale.

I sivigliani non sono sazi e nella stagione successiva bissano il successo europeo battendo in finale l’Espanyol, ai calci di rigore nello stadio di Glasgow. Il Siviglia aveva superato un derby anche in semifinale, ai danni dell’Osasuna. Juande Ramos e il suo undici ormai celeberrimo conquistano così il secondo “Portaombrelli” consecutivo.

La felicità dell’ennesimo successo viene interrotta dalla scomparsa di Antonio José Puerta Pérez, giovane centrocampista del Siviglia che nell’agosto del 2007, durante Siviglia-Getafe, in seguito a un malore in campo, perde la vita a causa di una displasia ventricolare destra aritmogena. L’accaduto sconvolge tutto il calcio spagnolo e in particolare quello sivigliano. Quando, pochi giorni dopo i funerali del ragazzo, il Siviglia si trova a dover disputare la finale di Supercoppa europea, la partita viene giocata col nome del calciatore spagnolo sulle divise di entrambe le squadre. Milan e Siviglia in ricordo di Antonio Puerta. La gara e la coppa se l’aggiudicano i rossoneri, ma il dolore per la morte di un giovanissimo calciatore è ancora troppo recente per essere turbato dalla delusione di una sconfitta, anche perché il 2007 è comunque un anno di soddisfazioni sportive per il Siviglia. Coppa del Re e Supercoppa di Spagna arricchiscono il palmares degli spagnoli. E Antonio Puerta giocava ancora.

Passano alcuni anni e il Siviglia, che nel frattempo ha cambiato allenatore e diversi calciatori, si prepara a scrivere un altro pezzo importante della sua storia. Stavolta quello di una consacrazione che avrà il sapore del record. Dal 2013 al 2016 gli spagnoli conquistano per tre edizioni consecutive l’Europa League, diventando l’unico club ad aver conquistato per cinque volte il secondo trofeo continentale più prestigioso. Benfica, dopo i calci di rigore nella finale di Torino, Dnipro e Liverpool sono le tre “vittime” delle tre finali dalle quali gli uomini di Unai Emery escono per tre volte vincitori. L’ultima finale, quella di Basilea del 18 maggio 2016, si trascina non poche polemiche, a causa di un arbitraggio i cui errori sfavoriscono la squadra allenata da Jürgen Klopp. Il Liverpool si sentirà e si dirà danneggiato alla fine di una partita in cui Gameiro e Coke, quest’ultimo con una doppietta, rimontano il goal iniziale di Sturridge.

Oggi, a guardare l’albo d’oro di quella coppa che nel corso del tempo è stata assegnata secondo formule differenti, fino a diventare trofeo unico per le squadre dell’ex Coppa Uefa e della vecchia, non più esistente, Coppa delle Coppe, il nome del Siviglia è il primo per numero di trofei vinti e l’unico ad esserselo aggiudicato per tre anni consecutivi. Un doppio primato che fino a pochi anni prima nella città andalusa nessuno avrebbe nemmeno lontanamente immaginare. Un decennio capace di andare oltre l’immaginario dei sogni.