Chissà cos'è successo, nello spogliatoio del Real Madrid, subito dopo il fischio finale della sfida al Liverpool. Anzi, almeno il giorno dopo, visto che è facile immaginare che l'ennesima Champions League sia stata vissuta nel legittimo, sfrenato, giubilo di emozioni e festeggiamenti, per quanto la casa blanca sia ormai felicemente abituata a questo tipo di frangenti sportivi.

Qualcosa, però, deve essere accaduto. Fosse anche una sorta di accordo verbale tra senatori. Zidane, Ronaldo, Modric. Lo stesso Kovacic, che pur non essendo propriamente un emblema della società ha fatto il diavolo a quattro pur di volare via. Ma i casi Zidane e soprattutto Ronaldo non sono paragonabili a quello relativo al croato.

Un paio di incisi, in merito ai due. Così come Ronaldo è l'attaccante più decisivo e completo del globo, nonostante l'età anagrafica non proprio da sbarbatello, Modric è inequivocabilmente il regista più efficace, oltre che elegante, in circolazione. Ed entrambi, fatte le debite proporzioni, hanno contribuito in maniera imprescindibile - insieme a Zizou - allo straordinario ciclo vincente del Real.

Bene, hanno deciso di andare via. Da vincenti, come fanno solo i grandissimi. E così, magari, anche di farsi rimpiangere. CR7, d'altra parte, aveva un'occasione unica: conciliare tutte e due le esigenze di ogni, rarissimo, fenomeno. Ovvero, aumentare ancora il proprio stipendio già inarrivabile, pur rimanendo nel calcio dei grandissimi d'Europa. La ricerca delle sfide nuove, difficili, affascinanti, per quanto è dato saperne a noi comuni mortali, pur facendo parte del pacchetto di volontà di chi ha intenzione di cambiare maglia, arriva comunque in terza posizione. Se la Juventus, d'altro canto, gli avesse offerto il medesimo ingaggio che percepiva in Spagna, difficilmente avrebbe accettato. Il tutto, però, si è svolto in maniera rapida - almeno in relazione all'entità del trasferimento - e, soprattutto, con una tempistica accettabile per ambo le parti. Si è dato, di fatto, il tempo a Perez di lavorare su un possibile sostituto (in realtà non ancora arrivato, ma ancora in predicato di essere concretizzato come colpo ad effetto finale) e contestualmente a Marotta di piazzare il calciatore di cui Cristiano avrebbe preso il posto. Manovre non banali, insomma, ma andate in porto comunque anche perché affrontate nell'immediatezza dell'esclusione del portoghese dai Mondiali. E, soprattutto, con convinzione e metodo da parte di tutti gli attori protagonisti. Florentino compreso.

Per Modric, invece, l'affare ha presto preso una brutta piega. 

L'arrivo in finale del croato ha anzitutto posticipato la fase decisiva della trattativa: di certo Suning aveva avviato i contatti ben prima dell'inizio della kermesse di Russia, ma come è risaputo, durante i tornei per Nazionali, è quasi sempre impossibile lavorare in maniera stringente al calciomercato. Serve sempre aspettare che i calciatori tornino disponibili, concludano le loro ferie, e si mettano a disposizione tanto del potenziale acquirente, quanto dell'eccellente venditore. Uno che, per inciso, di perdere un altro tassello pregiato, non aveva e non ha nessuna voglia.

Con Modric l'Inter ha attuato una tattica molto simile a quella intrapresa da Marotta con Cristiano: progetto ambizioso, promessa di leadership, contratto allungato (con tanto di goloso fine carriera in Cina) e ingaggio aumentato circa di un terzo. E poi, ovviamente, la sfida. Certo, un po' più difficile di quella che ha accettato l'amico Cristiano. Anche con Modric in campo, d'altra parte, l'Inter difficilmente potrebbe ambire alla vetta d'Europa, ma farebbe quanto meno paura alla Juventus in campionato. Lì dove nessuno, da un'era geologica a questa parte, riesce a spodestare la Signora. Insomma, in quanto a 'sfide', vincere lo Scudetto vestiti di nerazzurro non è più facile che vincere la Champions vestiti di bianconero.

Qui, però, entriamo nel merito della storia. Un amore bello e impossibile, come ventilato nelle parole di Spalletti, che proprio per questa sua immaginifica veste fa sognare ancora più intensamente.

Operazione complessiva (almeno così l'ha immaginata l'Inter) da circa 165 milioni in 6 anni: 60 proposti (prestito onerosissimo, come ormai va di moda per i campioni) per il cartellino; 10 netti che equivalgono a circa 18.5 lordi l'anno per 4 anni a Milano; una 30ina, sempre lordi, per 2 anni allo Jiangsu. In totale, meno della metà di quanto costerà l'intera operazione Ronaldo alla Juve. Non male, in definitiva. Sempre se il Real dovesse dire sì. E al momento, di dire sì, il Real - intèndasi Florentino - non ha proprio voglia.

Di Presidenti "particolari", sotto il profilo caratteriale, in Italia ce ne intendiamo, e da decenni. Ma nessuno di loro, al netto della sua gestione mediatica del ruolo e sportiva della società, viene eletto. A differenza di Perez, che ha necessità anche di non sfigurare, a maggior ragione dopo il lustro più eccelso della sua carriera, agli occhi dei tifosi e degli azionisti.

Non a caso il 'marpione' ha pensato bene non solo di sviare ogni uscita pubblica in merito al 'caso Modric', ma anche di procrastinare ad libitum gli incontri col calciatore e con il suo entourage, affamato di cambiare aria almeno quanto il loro assistito.

Con alcune differenze sostanziali, però, rispetto a chi lo ha preceduto nell'irrefrenabile voglia di lasciare.

Anzitutto, la tempistica, di cui abbiamo già accennato. A livello tecnico-tattico - ma anche e soprattutto di immagine - Modric sarebbe sostituibile solo con Milinkovic, Eriksen o Thiago Alcantara (che però, da quello che sappiamo, era già stato individuato più che altro come erede di Kovacic). Lotito non mollerà il suo gioiello a poche ore dalla fine della sua sessione, di mercato, ed il Tottenham che nulla ha regalato a Pochettino, se non la conferma dell'intera rosa a sua disposizione, a sua volta è già impossibilitato a sostituirlo.

Strapagare, quindi, sarebbe l'unica opzione. Una possibilità che certo da Madrid non si sono mai negati. Ma senza avere neanche il tempo necessario per programmare.

C'è poi una discriminante sostanziale, che risiede nel carattere del diretto interessato. Il buon Luka è un mite, un leader silenzioso (altro quid che lo accomuna a Pirlo), che non romperebbe mai con l'ambiente, i tifosi e il suo Presidente solo per il gusto di cambiare aria. Lo ha dimostrato nei pochi minuti vissuti di rientro al Bernabeu contro il Milan: osannato dal suo popolo, il fantasista ha risposto senza platealità e con la solita devozione.

Non punterà i piedi come Ronaldo, no. Che, peraltro, aveva già preso con il suo datore di lavoro un accordo verbale assai più stringente e vincolante. Ma non è finita qui.

Perché per Cristiano la volontà era quella di non arrivare all'ennesimo aumento. O comunque, non lo era più da qualche mese. Almeno dal momento in cui i suoi guai col fisco iberico sono entrati nel vivo, e la società non lo ha tutelato, anche solo a parole, come lui sperava. Per Modric, invece, la volontà di portare l'ingaggio da 6.5 a 10 milioni l'anno, pareggiando quindi l'offerta nerazzurra, è banale da realizzare e consentirà anche al calciatore di sentirsi vitale nel progetto (anche in quanto a ingaggio) almeno quanto uno come Sergio Ramos.

E poi c'è l'ultima, ma non per importanza, nota da sottolineare. Mentre per la Juventus Ronaldo era l'unico (accessibile) modo possibile per migliorarsi, l'Inter ha ancora sul tavolo tante opzioni, che possono essere concretizzate sul fotofinish. A posteriori avrebbe fatto meglio ad 'accontentarsi' - si fa per dire - di Vidal, ma tiene sempre vivi i rapporti col Barcellona per Rafinha e col Cagliari per Barella. Entrambi più giovani ed estremamente diversi, da Modric, ma arrivabili con più facilità, ed a condizioni economiche, ovviamente, più comode. Senza contare il fatto che anche allo stato delle cose Spalletti dispone, per il 4-2-3-1, già delle sufficienti pedine necessarie sia per la prima che per la seconda squadra. Borja-Gagliardini-Vecino-Brozovic per due posti in mediana; Nainggolan-Lautaro sulla trequarti; Perisic-Karamoh a sinistra; Candreva-Politano-Keita a destra. E con El Toro che ha già dimostrato di poter non solo fare benissimo anche altri ruoli, ma anche di essere pungente in zona gol, al posto (o al fianco) di Icardi. 

Numericamente, quindi, l'Inter c'è già. Può essere migliorata, certo, ma già adesso è più completa e varia dell'anno scorso, e nel suo 11 titolare inferiore (sulla carta) solo alla stessa Juve.

Modric sarebbe la famigerata ciliegina sulla torta, vero. Ma non può diventare un assillo né essere derubricato a chimera. La trattativa c'è stata, e ci sarà ancora, almeno per qualche ora. Poi, se Lopetegui dovesse convocarlo anche per la SuperCoppa, allora sarebbe giusto guardare altrove. Con la consapevolezza di essere comunque riusciti, a prescindere da come finirà, a minare le certezze del miglior club al Mondo, e del miglior regista al Mondo. Anzi, almeno per quanto riguarda quest'ultimo, di averle proprio ribaltate.

E questo fa di Suning una proprietà capace di intraprendere la strada che aveva promesso: ovvero, il giusto percorso per tornare a essere la grande Inter. Con o senza Luka Modric.