Walter Zenga, durante la sua carriera di allenatore, in Italia ha sempre fatto un po' di fatica. Il suo storico racconto di una media punti a partita, in Serie A, bassina (1.15), ma c'è un suo collega e amico dal quale, nonostante tutto, non ha mai incassato una sconfitta. 

Quel tecnico è uno dei migliori allenatori italiani, e forse anche europei, corre a vele spiegate verso il risultato più importante (e inatteso) della sua carriera, può vincere il suo primo trofeo, la Coppa Italia, ed è nel mirino di tutte le grandi.

Sempre che non si ritenga, a torto, la sua stessa squadra, l'Atalanta, una grande.

Di Gian Piero Gasperini oramai sappiamo tanto, quasi tutto. Che adora far divertire i suoi ragazzi, che ha un caratterino mica da ridere, che studia la notte, che guarda la TV al fianco della moglie tenendo sulle gambe il PC acceso per studiare le tattiche. Già, quante tattiche. E quante idee. Quanti sogni, solo apparentemente irrealizzabili, e quanti ragazzi lanciati verso carriere più o meno radiose, ma mai banali.

Tutto questo, grazie al suo modo, unico, di insegnare il pallone. Lo sa fare, e bene, soprattutto se ha dinanzi a sé dei giovani, o comunque dei calciatori ancora semi sconosciuti al grande pubblico, ancora da plasmare tatticamente e tecnicamente.

E la cosa sconcertante, è che gli viene tutto facile. 

Il trucco, beh, è il più scontato: far divertire i suoi uomini. E convincerli che si possano raggiungere i risultati anche mediante il bel gioco. Così, tanto per distruggere unno schema che, mai come negli ultimi tempi, divide i suoi colleghi e gli appassionati. Già, quella tra giochisti e risultatisti è risultatisti è una diatriba che non lo riguarda. Perché lui, soprattutto dovesse vincere la Coppa Italia, sarebbe l'unico, a conti fatti, ad aver coniugato le due virtù. 

Il come, lo spiega(va) proprio Zenga, qualche tempo fa.

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“Ti viene a marcare a uomo ovunque: toglie il fiato e le geometrie, tappa le fonti di gioco. Calcio dinamico a livello esponenziale e proposte offensive particolari: tanti uomini in gol e tanti gol diversi. Con lui è sempre una partita a scacchi: non gioca con un sistema o un altro, gioca a calcio”.   

Ecco la sua grandezza. Tutta nella semplicità di una scelta: quella di giocare a calcio, sempre e comunque, anche se in teoria le risorse a disposizione, e l'avversario, non lo consentirebbero. 

L'Atalanta - e prima, anche il suo Genoa, e il Crotone - lo fa contro tutto e tutti, prendendosi i rischi di una predisposizione che dopo tre anni pieni è quasi naturale. Così facendo, si esaltano le doti dei leader tecnici - Gomez, Ilicic -, di quelli atletici - Zapata, Toloi, Hateboer, Mancini, Castagne, Gosens -, di quelli morali - Palomino, Masiello, De Roon, Freuler -. Praticamente di tutti, nessuno escluso. Perché il calcio di GPP è questo: l'esaltazione del collettivo, comprese le risorse più recondite e fresche. Tutte nuove, pronte per spiccare il volo. 

Ma facciano attenzione, gli affamati DS che, in giro per Bergamo, fremono nell'attesa di strappare a Percassi i suoi gioielli e gioiellini: se c'è una cosa che questo triennio c'ha insegnato, è che non tutti coloro che abbandonano GPP valgono come quando GPP diceva loro cosa fare. Mentre, oggettivamente, è vero il contrario: nessuno come GPP è bravo a rivalutare, sul campo e sul mercato, giocatori apparentemente anonimi (Pasalic, De Roon, Feuler, Hateber), discontinui (Ilicic), dimenticati (Gomez) o sottovalutati (Zapata). O, semplicemente, è il migliore a far sbocciare i giovani. Quando arrivò a Bergamo, parlò di voler trapiantare in nerazzurro una sorta di progetto "Athletic Bilbao" all'italiana. 

E in effetti, questo era il progetto, a inizio ciclo. Un progetto che col tempo è andato disperso, anche per via della piccola razzia che soprattutto le tre strisciate hanno fatto nei confronti dell'Atalanta. Che ha saputo, però, sempre tamponare, e, anzi, migliorarsi. Tenendo comunque floridi i bilanci, facendo felici i tifosi, e senza mai farsi mancare nulla. E adesso, per chiudere il cerchio, provando, con le ultime tre partite di un 2018-2019 esaltante, a regalarsi anche il suo momento più alto di sempre. La Coppa Italia è vicina, ma è ancora più vicino il quarto posto che metterebbe la Dea davanti a squadre come Roma, Lazio e Milan, ma che, soprattutto, renderebbe onore e gloria a GPP. Il cui futuro, a oggi, non è dato conoscere. Sarebbe bello vederlo sfidare, in duplici sfide all'insegna dello spettacolo, il Chelsea di Sarri, il City di Guardiola (?), o l'Ajax di Ten Hag. Chissà se succederà. 

E chissà se accadrà mentre è ancora alla guida dell'Atalanta. 

In compenso, rispetto all'11 novembre scorso, quando mi facevo una domanda, una certezza ce l'ho: so molto bene dove potrebbe arrivare l'Atalanta se solo avesse un centravanti che fa gol. Quel centravanti, che all'epoca era a secco, l'Atalanta l'ha trovato, come auspicavo. 

E lo sta portando a un passo dalla Champions League.