Un solo gol subito in 4 partite (Immobile nel derby), 4 vittorie su 4, tra Europa e campionato, e rincorsa al superamento del girone di Champions finalmente iniziata.

Pare finalmente essere iniziata la stagione della Roma, che nel tonfo di Bologna aveva raggiunto, probabilmente, il punto più basso dell'intera gestione Di Francesco. E giù, di accuse, al tecnico, ma soprattutto al DS, reo di aver sacrificato - al di là dei rincalzi e degli esuberi - tre perni portanti ed imprescindibili della scorsa gestione, quella che portò ai ripetuti miracoli in Coppa: Alisson, Strootman e Nainggolan.

Ma Monchi non è uno sprovveduto, ed evidentemente, pur consapevole di aver perso tanto nel ruolo dell'estremo difensore (ma non potrebbe essere altrimenti. Chi vale, Alisson, oggi, tra i portieri finanziariamente raggiungibili?), sapeva che prima o poi due giovani come Cristante e Pellegrini avrebbero dato le necessarie garanzie. E che, allo stesso modo, col passare del tempo, anche Nzonzi - l'eroe di Empoli - sarebbe diventato un punto di riferimento. E quindi? Tutto risolto? No, perché di problemi, mister Di Francesco, ne ha ed avrà ancora diversi, a iniziare da alcune ambiguità tecnico-tattiche che una rosa ricca ma confusionaria prevede gioco forza. 

 Javier Pastore (getty)

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La prima, probabilmente la più difficile da risolvere, riguarda Javier Pastore

Sia ben chiaro: il Flaco è dotato di un talento oggettivamente superiore alla media, e di certo è il migliore in assoluto, a livello di tecnica pura, dell'intera rosa (e non a caso pur giocando poco ha già messo a referto due gol e un assist). Ma questo ovviamente non lo rende di facile gestione. Anzitutto perché non sono poche le problematiche strettamente muscolari che lo riguardano, e da tempi non sospetti. Ma di questo la Roma, ovviamente, era consapevole già ai tempi della sua acquisizione. Quello che la reggenza giallorossa non sapeva, invece, era che avrebbe fatto fatica a trovare posto. 

Di Francesco lo ha provato già in 4 ruoli diversi: trequartista dietro due punte, esterno d'attacco, mezzala sinistra e vertice basso del quadrilatero offensivo nel 4-2-3-1. Ovvero, di quello che è attualmente, e sembra poter essere, il modulo base della squadra. Un'impostazione che, però, in quella posizione vede ben tre, potenziali, interpreti: lui, Cristante e Pellegrini.

Questi ultimi sono i calciatori che dovevano essere definitivamente consacrati, in stagione e valorizzati a livello di cartellino. E invece, giocando a due in mezzo, per nessuno di loro c'è posto, visto che oltre De Rossi e Nzonzi (che era arrivato per fare il vice del capitano) nessuno sembra in grado di giocare così basso e stretto. Pellegrini, d'altra parte, è stato il migliore, nell'ultimo mese, giocando da trequartista: insomma, con queste scelte tattiche quando anche Pastore starà bene ci sarà sovraffollamento sulla trequarti e scarsità di scelte nel ruolo di mediano. Per Zaniolo e Coric, al momento, solo le briciole.

Così come tante, forse troppe, sono anche le alternative sulle corsie offensive. Under ed El Shaarawy al momento sono i titolari, con Kluivert e Perotti a fare da riserve così come Schick, l'acquisto più costoso nella storia della società, dopo i reiterati, e falliti, tentativi da esterno destro, si accontenta di fare la panchina a Dzeko. Per tutti i più giovani, quindi, al momento non sembra esserci spazio. Se non per il baby Luca Pellegrini, che a inizio anno, reduce peraltro da un grave infortunio, doveva essere il terzo terzino sinistro in rosa, e che adesso ha scalato le gerarchie. Già, perchè l'altro buco nero della rosa è rappresentato da Karsdorp, anch'egli pronto e voglioso di riprendersi lo spazio perduto dopo la lungodegenza, e ormai virtualmente fuori rosa per motivi ancora non del tutto chiari.

Fernandez Suso, Rick Karsdorp (getty)

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Il terzino olandese sembra ormai fuori dai giochi, il che ha portato Santon a spostarsi a destra, in alternativa a Florenzi, e promuovendo l'altro Pellegrini a vice Kolarov. Ma il livello garantito da Santon e Pellegrini non è minimamente paragonabile a quello che, in assoluto, può fornire Karsdorp: se no verrà recuperato, in quel ruolo rischia di esserci prima o poi un gap tecnico. 

Così come c'è, oggettivamente, in porta. Vero, era impossibile prendere un giocatore che fornisse immediatamente le stesse prestazioni del suo predecessore. Ma nonostante i gol subiti negli ultimi tempi siano sempre meno, Olsen resta un punto interrogativo davvero grosso così. 

Robin Olsen (getty)

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Parliamoci chiaro. Questo ragazzotto svedese ancora non ha commesso alcun errore assoluto, ma non ha neanche, mai, dato l'impressione di dominare il suo ruolo, la difesa, e i pali che difende, con sicurezza. La stessa linea davanti a lui dà costantemente l'impressione di non fidarsi né delle sue uscite né dei suoi rari momenti di impostazione. Il che ovviamente rappresenta un limite, per un reparto che sinora ha avuto, appunto, nei troppi gol concessi agli avversari un neo che in verità ha dato spazio di riflessione ai disfattisti anche al Castellani, dove se dinanzi non ci si fosse ritrovati un Caputo in giornata no, probabilmente la partita sarebbe finita molto, molto diversamente.

E le colpe, ovviamente, non sono del solo portiere, perché dinanzi a lui ci sono un Fazio mai così incerto ed un Manolas che sembra aver perso parte dello sprint e della lucidità. Qui, però, i sostituti mancano eccome.

Marcano ha fatto malissimo sia da centrale che da terzino, Bianda è un oggetto misterioso e Di Francesco ha quasi sempre impiegato Juan Jesus sulla sinistra e non al centro. Insomma, un terzo centrale di livello sarebbe servito come il pane, e non solo per fare turn over.

Di lacune, insomma, questa Roma ne ha e ne continuerà ad avere tante, almeno sino a gennaio, se Monchi non dimostrerà di aver capito i suoi errori. Ma finalmente adesso le cose vanno per il verso giusto, e i risultati sembrano arrivare. La palla, adesso, passa quindi a Di Fra. Perché quando la rosa di una squadra non è costruita in maniera completa, o efficace, sta al tecnico trovare le soluzioni giuste. Anche a costo di inventarsele dal nulla, testando le proprie risorse in ruolo imprevedibili e massimizzando il rendimento di coloro che, per limiti personali o per motivi di spazio, sino a quel momento non hanno reso. Tutte operazioni da attuare nelle prossime due settimane, quelle della sosta. Perché poi ci saranno Roma e CSKA, per poter continuare a sperimentare, ed, a fine ottobre, il Napoli al San Paolo. In quello che potrebbe già essere un match decisivo per il 2° e 3° posto. Per il 1°, invece, sembra, già adesso, non esserci nulla da fare. Perché la silenziosa e liscia monotonia di cui parlavamo la scorsa settimana, anche stavolta, è rimasta simile a sé stessa. Anzi, proprio uguale.