"Vacanze? Decide mia moglie, io non conto nulla. Vero Billy?".

Poi saluta Costacurta: "Ciao, bauscia"

Gattuso a Sky dopo Milan-Crotone 1-0

Rino non sarà ancora un allenatore fatto e finito, ma resta uno dei personaggi più positivi, simpatici ed empatici del nostro calcio. E sarebbe cosa buona e giusta se il 2018, dopo diversi anni in cui, dopo il ritiro, è stato in giro per l'Europa a imparare il mestiere, potesse essere il suo anno. Se lo meriterebbe tutto. Lui, che da calciatore ha raggiunto traguardi che il fato gli aveva precluso, avendogli consegnato doti tecniche impari rispetto a quelle in uso nei livelli che agognava da bambino. Eppure la tenacia, la forza d'animo e la capacità di sacrificarsi gli hanno consentito non solo di raggiungere quei livelli, ma anche, in alcuni casi, di superarli.

A piccoli passi, sin dalla sua "fujuta" notturna dal centro sportivo del Perugia, per raggiungere la Scozia che gli ha forgiato il carattere e costruito l'impeto sportivo, è arrivato oggi a fare ciò che anche in quest'ambito sembrava imponderabile: allenare il Milan, la squadra che ha sempre tifato, dopo averla portata sul tetto del Mondo. Sion, Palermo, OFI Creta e Pisa: non proprio un curriculum vitae fatto di lustrini e paillettes, per il ragazzo di Calabria, che ora può godersi finalmente una settimanella di vacanza mediamente serena, dopo un Natale vissuto pericolosamente. Anche troppo, considerato che gli stop di Verona e Benevento avevano oggettivamente relegato il Milan ai livelli più bassi della sua storia recente (e, forse, anche passata). Eppure, giorno dopo giorno, allenamento dopo allenamento, Rino è riuscito a imparare ma, soprattutto, a farsi imparare. Forse sarebbe più lessicalmente corretto dire "farsi conoscere", visto che l'obiettivo di Mirabelli, quando l'ha sorprendentemente promosso in luogo di Montella (che aveva perso non solo il polso della situazione, ma in alcuni casi anche la testa), era appunto questo: cercare di trasferire nei ragazzi che viaggiavano ognuno per la propria strada un minimo di spirito di squadra e di attaccamento alla maglia. Certo, il Milan di Gattuso in panchina non giocherà mai come il Milan di Gattuso in campo, anche perché i valori tecnici sono imparagonabili, ma ha margini di miglioramento. Perché, finalmente, ha non solo un'anima, ma anche una struttura tecnico-tattica di base e personalità. Milan-Crotone, più del derby e della sfida del Franchi (la prima in cui il Diavolo è riuscito a rimontare, seppur parzialmente, un risultato negativo), ne è chiara dimostrazione: 66% di possesso palla, 26 tiri, 14 calci d'angolo battuti. Numeri di base che non sempre sono lo specchio fedele dell'andamento delle partite, ma che in questo caso, per chi l'ha vista, potrebbero esserlo. Il Milan, oggi, poteva tranquillamente chiuderla prima, in virtù d'un modo di attaccare gli spazi che, per la prima volta in stagione, ha dato la sensazione di poter essere pericoloso in ogni occasione. Certo, mancano ancora 2-3 delle cose che servono a qualsiasi squadra per darsi un'identità funzionale alle caratteristiche dei propri uomini. 

1) Un centravanti, ad esempio, più esperto di Cutrone, più efficace di André Silva e meno sterile di Kalinic. Se il portoghese venisse mandato via, o meglio ancora il croato trovasse una casa capace di non far segnare una minus valenza a bilancio a Mirabelli, l'altro potrebbe finalmente trovare maggiore continuità e il 20enne canterano rossonero potrebbe davvero imporsi. 

2) Un terzino destro che interpreti il ruolo meglio di Calabria e Abate. E il Milan ce l'ha già, seppur sia ai box ancora per un mesetto: si chiama Andrea Conti, e se tornerà ai suoi livelli sarà uno dei migliori acquisti possibili, su un mercato che non riserverà alcun botto.

3) Una mezzala di maggior copertura rispetto a Bonaventura, capace anche, in caso di necessità, di giocare dall'altra parte per far rifiatare Kessie. Il Milan l'ha già individuata in Jankto, che però a gennaio difficilmente lascerà Udine. Più facile, invece, arrivare a Fofana che sta giocando da perno centrale dei tre, ma fuori ruolo.

Per il resto, servirà solo dare struttura e bilanciamento al 4-3-3 che già Gattuso ha individuato come abito ideale del suo Milan. Calhanoglu da esterno sinistro del tridente ha dimostrato finalmente di poter dare il suo contributo: ora deve solo migliorare l'intesa con Bonaventura, rispetto al quale i movimenti sono ancora troppo simili. Biglia non può non riavvicinarsi ai livelli raggiunti a Roma, e Bonucci, oltre a prendersi finalmente qualche responsabilità, col gol di oggi potrebbe essersi sbloccato anche psicologicamente. Tutte piccole, buone, notizie, per il Milan, che ora deve iniziare a pensare positivamente ad una stagione che, pur avendo sfiorato il baratro, può ancora riservare occasioni di rinascita. Il fatto che ci siano ancora due Coppe in gioco non è da sottovalutare, anche perché è in queste partite, tutte a eliminazione diretta (seppur in doppia sfida), che conta paradossalmente più il carattere che il gioco. 

Ringhio, pur avendo scelto di puntare su tutti i giocatori dai piedi buoni a sua disposizione, deve continuare a non mollare la presa anche sulla determinatezza mentale dei suoi: perché quando tutti, nessuno escluso, giocano sotto i propri standard, non può non esser quello il problema. Rino l'ha capito, e ora si augura, finalmente, di potersi aspettare un 2018 in controtendenza. 

Una settimana fa, nell'ultimo editoriale dello scorso anno, individuavo nel Benevento di De Zerbi e proprio nel Milan di Gattuso due delle possibili squadre che nel girone di ritorno avrebbero invertito la rotta: dal Vigorito, in contemporanea rispetto a quanto visto a San Siro, è arrivato il primo segnale. E bello forte, visto che fare tre gol alla Sampdoria, per quanto visto sinora, non è stata impresa comune. Ora, il Milan, deve volare a Cagliari, sfidare due volte in casa la Lazio, poi andare a Udine e Ferrara: un programmino tutt'altro che banale. Al termine di questo mini-ciclo, in ogni caso, sapremo molto di più sulle sue reali prospettive. Affrontarlo con questi presupposti, però, consentirà un percorso sicuramente più incisivo. Con un martello come Gattuso al timone, d'altra parte, non poteva essere altrimenti.