Il 2018 s'è chiuso esattamente così come era cominciato. Con la Juventus, brava e fortunata, a macinare vittorie e mietere primati su primati. E le altre, con altrettanto impegno ma non con pari risultati, a rincorrere. E non senza altrettanta fatica.

Il 2019, per ognuna delle squadre del nostro calcio, dovrà essere, se possibile, migliore. Ovviamente in proporzione alle prospettive ed in base ai presupposti, la speranza è che ognuno utilizzi costruttivamente le mancanze del 2018 per produrre una crescita, in campo e fuori dal campo. Ed a tutti i livelli.

Ad iniziare dal movimento calcio italiano.

Quello che vede finalmente terminare l'anno solare più drammatico della sua storia recente, vissuto non solo senza Mondiale, ma in generale senza emozione alcuna.

Eppure qualcosa di buono, sotto sotto, s'è vista. E parte, inevitabilmente, dai nostri ragazzi, e dalla meglio gioventù che per ora, ahinoi, per colpa loro o di altri, ancora non s'è amalgamata.

I primi vagiti di un futuro non necessariamente roseo, ma almeno migliore di quello del recente passato, per fortuna li abbiamo intravisti.

E non solo nel furore agonistico di Cutrone, nella maturità raggiunta da Barella, nella fiducia ritrovata di Donnarumma e nella completezza di Chiesa e Romagnoli. Oltre che, ovviamente, nei sibili di talento emanati, per dirne un paio, da Zaniolo e Tonali.

L'impressione più generale è che il nostro tanto amato, bistrattato, e odioso calcio voglia provare a cambiare. Finalmente si rivedono degli Under, anche italiani, affacciarsi con personalità nelle prime squadre, e riuscire in alcuni casi anche a far fuori senatori dal respiro internazionale ma anche, evidentemente, dalla pancia piena.

Ciò che serve, ora, è puntare convintamente alla restaurazione: dare una struttura, anche tattica, oltre che organizzativa, alla Nazionale, e ripartire dalle sue singolarità per diffondere le nostre eccellenze anche a livello di club.

Gli stessi club che, per quei ragazzi, hanno iniziato a muoversi ed a farsi la guerra, più di quanto non abbiano fatto negli anni scorsi per enigmatici ed esotici rappresentanti di una generazione calcistica che, in generale, esclusi alcuni rarissimi fenomeni, poco ha prodotto.

Per questo, ed anche a costo di sbatterci il muso, e dover attendere ancora per vedere dei risultati tangibili, è giusto proseguire lungo questa strada. E ad entrambi i livelli: l'inizio della stagione in corso ci ha visto nuovamente fallire, a livello di club, sul territorio continentale, ma nonostante i grami risultati, abbiamo anche il merito di aver innalzato il livello medio di un po' tutte le nostre rappresentanti.

Ora la medesima crescita, non solo prospettica, tocca alla Nazionale, che da qui a breve avrà a che fare con le qualificazioni. Una parola che potrebbe farci inevitabilmente tremare le gambe, visto come sono andate l'ultima volta, ma che dobbiamo affrontare a testa alta e sicuramente con una consapevolezza maggiore rispetto alla triste e anonima apparizione che abbiamo fatto in Nations League.

Ma durante la quale abbiamo anche sperimentato, e scoperto di avere, sotto sotto, anche delle potenzialità, seppur inespresse.

Il 2019 dovrà essere il nostro anno.

Chiamatelo rinascimento, riconquista, vendetta, oppure, semplicemente - per fare la parodia di un governo che certo sinora non ha prodotto risultati migliori - del cambiamento.

Tant'è, se non vogliamo restare nel passato. Un passato che, se non ci mettiamo alle spalle il 2018, non tornerà più.