Al rientro dalla sosta c'è il derby di Genova, ma impossibile, quando si ha di fronte Marco Giampaolo, non chiedergli qualcosa su quello che, più che un modulo, sembrerebbe ormai essere diventato un credo. Tra i pochi a privilegiare ancora l'uso del trequartista, ruolo sempre di più difficile collocazione nel calcio moderno, il tecnico blucerchiato ha risposto con ironia, nel corso dell'intervista all'edizione genovese de La Repubblica, al suo uso sfrenato del 4-3-1-2. 

CAMBIARE MODULO? - "Sarebbe come se i Rolling Stones si mettessero a suonare il liscio. Questione di coerenza, e di credibilità nello spogliatoio. Io non posso stare dietro all’oggi, al calcio isterico, alle chiacchiere da bar. Far sì che venti giorni travolgano 29 mesi di metodo e sacrificio. Noi abbiamo costruito un modello di lavoro, possono mutare gli interpreti, ma lo schema è quello. La squadra si aspetta di vedermi in tuta, non con il frac, il papillon o la Ferrari. Se io entro nello spogliatoio e dico da oggi si cambia, che ne so, giochiamo a tre dietro, faccio crollare ogni certezza. Non sono solo io a perdere immagine, tolgo convinzioni ai giocatori, che credono in ciò che stiamo facendo, nel calcio che vogliamo interpretare. Che pensano che sia questa la maniera per essere scomodi, rompiscatole, per dare fastidio a tutti".

IL DERBY - "Si carica da solo, io non devo mettere nulla sul piano mentale e nervoso, ma togliere e difatti anche questa volta non porterò la squadra in ritiro".

IL FEELING CON I TIFOSI - "Vi racconto un aneddoto: sono tornato da Roma in macchina, domenica sera vicino a Firenze mi sono fermato in un autogrill per bere un caffe. Uscendo dalla macchina, ho incontrato un gruppo di tifosi. Mi hanno circondato, regalato affetto e solidarietà".