I tifosi italiani, da sempre, amano discorrere di calcio assieme a parenti, amici e conoscenti nei più disparati luoghi e nei più disparati momenti della giornata. Uno dei momenti di maggior interesse della discussione calciofila si raggiunge, puntuale come un gol di Berardi contro le milanesi, nel mese di agosto, a calciomercato finito o in procinto di concludersi. E' il momento delle ormai consuete griglie di partenza, stile Formula 1, che anno dopo anno stanno acquistando una rilevanza sempre maggiore dal punto di vista mediatico. 

Ebbene, per la prima volta dalla vittoria dell'Italia ai campionati del mondo del 2006, tifosi, giornalisti ed addetti ai lavori si sono trovati d'accordo. Si, avete letto bene: tutti d'accordo. Mai come quest'anno le griglie di valutazione delle principali squadre nostrane corrispondono a dei compiti in classe bulgari (espressione che il sottoscritto ha appreso da un vecchio professore di storia di cui ancora oggi conserva un bel ricordo), tutti uguali tra loro. La filastrocca è grossomodo questa: Juve, Inter, Roma, Milan, Napoli, Lazio. Riavvolgere e ripetere svariati milioni di volte per ottenere il risultato ottenuto dal calciomercato delle big della Serie A, che mai come quest'anno hanno saputo muoversi con intelligenza nella tanto amata finestra estiva di trasferimenti. 

Sin dalle prime pubblicazioni sui maggiori quotidiani sportivi, una domanda ha cominciato però a balenare per le teste di uno sparutissimo gruppetto di fruitori del prodotto calcio: "Come è possibile che il Napoli, tolti Sarri e Jorginho, ma con Ancelotti, Verdi, Fabian Ruiz e, perchè no, anche Milik in più, per il 90% della comunità calcistica abbia perso 3 posizioni rispetto alla classifica di arrivo dello scorso campionato?"

Le spiegazioni che chi vi scrive, che appartiene a quel gruppetto di tifosi di cui sopra, ha cercato di darsi in questi mesi per giustificare tale repentino cambio di prospettiva sono sostanzialmente quattro:

1) Le altre squadre hanno fatto un mercato fantasmagorico, tale da ribaltare in due mesi le gerarchie del campionato (vedi Inter, che, nonostante in molti siano già pronti ad abbandonare la nave, ha davvero fatto una campagna di rafforzamento).

2) Visto che, dentro di noi, tutti desideriamo il cambiamento, una squadra (vedi Roma e Milan) che ne cambia più di dieci deve essere necessariamente migliore di un'altra che, da due anni, praticamente non vende e non compra quasi nessuno. Niente è più appagante e migliorativo dello stato attuale delle cose della bulimia da trading.

Festa per nuovi arrivi e partenti dopo un tipico mercato di Enrico Preziosi. 

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3) Senza Sarri, questo Napoli ha perso la maggior parte della sua forza, come Sansone coi suoi capelli, e non è possibile per nessun allenatore, anche se si chiama Carlo Ancelotti, proseguire sulla strada tracciata dal Comandante, apportando delle migliorie laddove ritenuto necessario ma lasciando quasi intatto il canovaccio.

4) Tra De Laurentiis, Cavani, De Magistriis, lo stadio, le contestazioni ultrà e chi più ne ha, più ne metta, sarà quasi impossibile trovare subito la quadra del cerchio. Ed il calendario è di quelli proibitivi. E chi mal comincia, non è a metà dell'opera.

Dev'essere stato più o meno qui che il Napoli ha perso un paio di posizioni in griglia.

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Se trovate deboli almeno un paio di questi punti, eravate e siete ancora pronti a passare al lato oscuro: sappiate che non siete soli e che ci sono altri esseri umani che credono in un Napoli più avanti del sesto posto. Altrimenti potete rimanere nel gruppetto dei grigliatori professionisti ancora un altro po', in attesa che le acque si assestino per bene prima di scegliere da che parte stare. E' chiaramente più comodo così, ma volete mettere la soddisfazione di poter dire "Io dalla X giornata sostengo che il Napoli non arriverà quinto/sesto?"

Al vostro ingresso nel club vi sarà donata una targhetta con su scritto: "Per fortuna, alla fine a parlare è il campo. Sempre". Che aspettate?