Aljaksandr Lukašenko, il presidente della Bielorussia, più giusto sarebbe definirlo il dittatore, pare abbia di recente dichiarato che il coronavirus sia una specie di psicosi. “Con questa psicosi, oggi abbiamo bloccato l’economia quasi in tutto il mondo”.

Mazza da hockey in pugno e teorizzazioni da Bolsonaro dell’est: “Cari giocatori, fate molta sauna, bevete tanta vodka e lavorate tanto per uccidere il virus nei vostri organismi”. E il campionato di calcio è regolarmente proseguito. Ampia ed emblematica testimonianza, pochi giorni fa, il derby tra FC e Dinamo Minsk disputato a porte aperte nella capitale della Russia Bianca. “Qui non ci sono virus. Questo è un frigorifero. Gli sport, in particolare quelli sul ghiaccio, sono la migliore medicina anti-virus.” ha dichiarato il leader bielorusso alla televisione di Stato.

“Il trattore guarisce tutti”

Aljaksandr Lukašenko

Il pensiero post dissoluzione che ha in sé la semantica totalitarista di epoche che qualcuno si illudeva fossero alle spalle, ma che, di fatto, hanno soltanto mutato i loro linguaggi, la forma delle nomenclature, imponendo un dopo uguale al prima. Lo sviluppo secondo la norma pericolosa del pensare al futuro senza discutere il passato. E il presente non può che essere quello che è.

Aliaksandr Hleb, ex calciatore bielorusso, che ha militato pure nel Barcellona, ha invitato Messi e Cristiano Ronaldo a far parte del Vyšejšaja Liha, la serie A dell’ex paese sovietico, addizionando una dichiarazione ad effetto alla discutibile sommatoria di uscite del dittatore e del sistema di Stato. Dalla propaganda ai fatti. Come ai tempi di Chernobyl.

Nel paese che da tempo sta attuando una politica di ostinazione contro “La propaganda dell’omosessualità e di altre perversioni sessuali”, come l’ha definita Tadeusz Kondrusiewicz, la massima autorità cattolica bielorussa, il calcio non ha paura di fermarsi. Stavolta, però, il suo coraggio non conforta, ma inquieta. Non è il futbol di resistenza, non è più l’alternativa clandestina e ribelle alle violazioni del potere, ma è uno strumento asservito, allineato. La narcotica oppiacea sta dando ragione ai detrattori storici di quello che un tempo tirava fuori dagli uomini una spiritualità in grado di opporsi a tutto, pure alle guerre.

C’è chi giustifica la scelta di Lukašenko sottolineando la crisi economica che la Bielorussia è costretta ad affrontare, pare, a causa della pressione russa – e un blocco del paese porterebbe a un aggravamento – e chi, invece, come da una debole e repressa opposizione politica locale, sostiene che questa decisione potrebbe condurre a conseguenze drammatiche.

Tuttavia, a distanza – stiamo tutti vivendo una tragica e ambigua esperienza fatta di una vicinanza a distanza (nonostante tutto, vi scongiuro, non chiamatela guerra, perché la guerra è un'altra cosa) – l’inquietudine di certi aspetti non cerca verità politiche. Non sarebbe possibile. Piuttosto, guarda ai segnali. Un parolaio avventato pretende di lavare con l’acqua santa di un'infondata serenità la mancanza di strumenti per affrontare quello che ancora non ha mostrato il suo volto. Giocare con le bugie e le verità contro l’ignoto non è come giocare una partita di calcio. Soprattutto, quando nemmeno le porte chiuse servono più.