Quanto sia importante la gara di sabato sera fra Inter e Juventus è intuibile anche a chi del calcio si limita ad osservare distrattamente qualche trafiletto il lunedì mattina sul quotidiano preferito. Sono tanti i temi che s’intrecciano, oltre a quelli che la storia, più e meno recente, di questa partita è solita suggerire: scudetto (per i bianconeri) e zona Champions (per i nerazzurri) sono gli assilli che accompagneranno Allegri e Spalletti in questo serrato finale di stagione.
A rendere il tutto più avvincente è il modo con cui le due contendenti si avvicinano all’appuntamento del Meazza, con i bianconeri apparentemente col fiato corto, reduci da alcune prestazioni opache in campionato, ed i nerazzurri che hanno riallacciato i fili con il discorso aperto ad inizio stagione ed inopinatamente interrotto fra dicembre e febbraio.

Curioso che crocevia per il campionato di Juve ed Inter sia stata la gara interna contro il Napoli di Maurizio Sarri, con Koulibaly a fare da giustiziere last-minute alle titubanze palesate nel corso dei 90’ dalla Vecchia Signora, mentre la gara del Meazza fra partenopei e nerazzurri (0-0 il finale) ha segnato una svolta – tattica, ma non solo,– per i ragazzi di Spalletti.

Due le mosse che il tecnico ex Roma aveva approntato per sfidare i campani: Brozovic davanti la difesa e fiducia incondizionata a Rafinha, fino a quel momento apparso in debito di “gamba”, a onor del vero. Due idee che si sono rivelati vincenti e che hanno stravolto la fisionomia di una squadra che fino a quel momento, al netto degli alti (fino ad inizio dicembre) e dei bassi (dicembre-febbraio) manifestati, appariva sì piuttosto solida dietro, ma anche alquanto piatta davanti, oltremodo prevedibile, con i cross dagli esterni quale unico sbocco delle trame offensive.

La qualità tanto invocata da Luciano Spalletti, il quale ne ha sempre dato una definizione ad ampio spettro, è stata riportata al centro del disegno tattico. È indubbio che la rosa dell’Inter, nel suo insieme, possa annoverare meno qualità (palleggio, tecnica, forza fisica, personalità) rispetto ad almeno 3 delle 4 squadre che la precedono in classifica, pur tuttavia, le intuizioni di Spalletti – per sua stessa ammissione forse arrivate un po’ troppo tardi – hanno conferito una certa qualità alla manovra nerazzurra, camuffando qualche smagliatura, di personalità ancor prima che tecnica.
La gara contro la Juventus rappresenta l’ideale banco di prova circa la consistenza di queste soluzioni: reggere all’onda d’urto dei bianconeri, che arriveranno al Meazza “incazzati”, significherebbe aver trovato la quadra. Oltre che, probabilmente, mettere un sigillo importantissimo per la qualificazione alla prossima Champions League.

La metamorfosi di Marcelo Brozovic è un qualcosa che razionalmente è inspiegabile: sono lontani i giorni in cui il croato era con la valigia in mano con direzione Siviglia, senza particolari rimpianti da parte dei tifosi nerazzurri. È difficile dire se decisivo sia stato il nuovo ruolo che Spalletti gli ha cucito addosso, anche se a onor del vero Brozovic lo aveva già sperimentato in parecchie gare con la nazionale croata, oppure se il lavoro portato avanti dal tecnico di Certaldo sia stato innanzitutto mentale. Nell’uno o nell’altro caso, Marcelo Brozovic ci ha sicuramente messo molto del suo: l’apatia con la quale scendeva in campo ha lasciato spazio ad un centrocampista in grado di gestire con maestria il traffico davanti la difesa, dettando i tempi senza paura, praticando sempre la giocata più giusta, che spesso è la più semplice.
L’Inter che era in grado di sviluppare gioco soltanto sugli esterni, che oramai aveva esaurito l’effetto sorpresa, anche a causa di uno scadimento di forma di Perisic e Candreva, si è scoperta squadra in grado di palleggiare per vie centrali, anche con una certa velocità, oltre che con la tanto invocata qualità. La pulizia con la quale Brozovic riesce a far uscire la sfera dalla linea difensiva, spesso destinandola con giocate verticali, rappresenta la vera novità tecnica della “nuova” Inter, che adesso è in grado di recitare un altro canovaccio, per altro con discreta padronanza del ruolo.
Si registra anche una certa attività “social” del croato, forse rivedibile per certi aspetti, ma significativa del fatto che Brozovic non si sottrae alle responsabilità, non ha paura di dire che l’Inter “deve” andare in Champions. Siamo ancora lontani dall’intravedere le stimmate del leader, questo appare incontestabile, ma è pur sempre un miglioramento rispetto all’ermetismo delle espressioni che il croato si portava in campo, quasi fosse egli stesso perplesso circa la sua presenza sul rettangolo di gioco.

La qualità, si diceva prima, quella che Rafinha è in grado di offrire ed alla quale Spalletti, terminato il doveroso rodaggio fisico del brasiliano, non può rinunciare: le doti tecniche dell’ex Barcellona sono imprescindibili per una compagine che, in molti elementi, non spicca per sensibilità delle estremità inferiori. Ricerca la sfera, la pretende: spesso ripulisce qualche pallone “sporco”, lo lavora da par suo e lo offre al compagno meglio piazzato, con invidiabile visione di gioco ed altruismo, senza tralasciare l’imprevedibilità che la sua presenza conferisce in quella zona di campo che, prima del suo avvento da titolare, assomigliava ad una “terra di nessuno”. E Rafinha ne ha fatto la propria dimora. A ciò si aggiunga che l'ex Barcellona può e dovrà offrire anche un contributo in fase realizzativa. Magari proprio a partire dalla gara contro la Juventus.
Tuttavia, ciò che colpisce del talentuoso brasiliano risiede nel modo in cui interpreta le gare, sempre pronto ad aggredire gli avversari quando la propria squadra perde il possesso, sempre proiettato alla riconquista alta della sfera: questo sì, un atteggiamento da leader, da trascinatore silenzioso, altro aspetto di cui l’Inter, anche durante la striscia positiva di inizio campionato, non sembrava abbondare.

Brozovic e Rafinha sono i due polmoni “tecnici” di questa squadra, sono gli elementi in grado di dare ossigeno ed ampio respiro alla manovra nerazzurra: la sfera non finisce più con l’infrattarsi in sperduti angoli del campo, magari condotta con atteggiamento insicuro e con la sensazione che l’errore sia dietro l’angolo, ma viaggia per vie centrali, dopo essere uscita velocemente dalla linea difensiva, spesso con una certa pulizia e con i tempi corretti.

Una vera e propria rivoluzione copernicana. E quanto sarebbe “rivoluzionario” battere la Juventus sabato sera?