I 21 passaggi che hanno portato al goal di Verdi sono il certificato del più importante marchio di fabbrica del Napoli di questi anni. Il retaggio tecnico e tattico, di allenatore in allenatore, non è mai sottoposto a stravolgimenti, ma soltanto a raffinazione.

L’azione della prima segnatura dell’attaccante ex Bologna ha in sé l’eredità del gioco di Sarri e i primi segnali del lavoro di Ancelotti. Palleggio in tutte le linee del campo, accelerazione dopo aver saltato la prima linea avversaria e movimento dei quattro (non più tre) calciatori offensivi. Il 4-2-3-1 (che sulla carta rievoca il modulo voluto da Benitez) in occasione della rete di Simone Verdi ha mosso la palla sia in orizzontale, coinvolgendo tutti i reparti della squadra, sia in verticale, con il movimento simultaneo e in direzioni opposte (a incrociare) dell’uomo incaricato dell’ultimo passaggio (Mertens) e del finalizzatore (Verdi). Schema già accennato pochi minuti prima in un’azione identica a quella poi riuscita per il 2-0.

Nel 4-2-3-1 di Ancelotti la posizione più interessante è quella di Mertens, che, a differenza dell’impiego di Milik, agisce da rifinitore. Si se va a consultare il report del match, emerge un dato non casuale. Al tiro tutti i calciatori offensivi del Napoli (3 volte Insigne, due Verdi e una volta Callejon), ma mai Mertens, autore, invece, di un assist decisivo e di un’ottima prestazione in chiave tattica, costantemente ad agire tra la linea difensiva del Torino e quella di centrocampo. Dato confermato anche dalla tabella delle occasioni da goal.

L’impiego di Verdi

Mentre il rendimento di Insigne, soprattutto in fase realizzativa, è dovuto a una maggiore libertà di movimento all’interno della linea a tre dietro la punta (o in quella, sempre a tre, avanzata nei casi di 4-3-3), e a una maggiore possibilità per l’attaccante napoletano di divincolarsi da compiti difensivi, l’elemento di novità all’interno del nuovo sistema di gioco applicato da Ancelotti si chiama Simone Verdi. L’esterno azzurro, essendo dotato di calcio ambidestro, nel 4-2-3-1 svolgerebbe il suo ruolo facendo quello che Insigne fa nel 4-3-3, percorrendo la linea dei tre trequartisti e allineandosi o sopravanzando quella della prima punta. Potendo disporre di entrambi i piedi, Verdi godrebbe di un “paradosso” utilissimo all’interno di questa possibilità offensiva. Sarebbe disciplinato dentro un secondo margine discrezionale all’interno delle facoltà offensive dei quattro avanti napoletani. Ecco che, escludendo Callejon (che conserva e deve conservare la sua preziosa funzione totale), Mertens, Insigne e Verdi non darebbero punti di riferimento alle difese avversarie. Proprio come visto col Torino. La capacità di ottimizzare un tempo di gioco ha aiutato Verdi a scrollarsi di dosso un inizio in cui era stato tacciato di essere il più “estraneo” alle dinamiche del reparto offensivo partenopeo? 

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Il luogo comune Hamsik

Molti ancora diffidano delle capacità di Hamsik di poter ricoprire un ruolo così delicato come quello del mediano-regista. Quello che l’ultima nomenclatura calcistica ha definito, mutuandolo dal basket, il playmaker è un sogno di Ancelotti o una possibilità reale? La gara col Torino (così come quella con la Fiorentina) sembra tendere verso la seconda ipotesi. Primo in assoluto nel ranking gara delle prestazioni chilometriche-velocistiche (con un run di quasi 8.9 e di quasi 12 km), 5 palloni recuperati (più di tutti tranne che al pari con Koulibaly), 70 palloni giocati (meglio di lui soltanto Hysaj con 72), 55 passaggi riusciti (come lui solo Hysaj) e alcune verticalizzazioni molto precise e profonde dicono di un calciatore che ha rallentato il ritmo (e che con Ancelotti fa turnover totale, non più parziale coi sessanta minuti “canonici” di Sarri), ma sta raffinando un concetto nuovo di gioco e di comportamento. Anche lui, non a caso, è ambidestro. E non lo si potrebbe considerare diversamente da una regia di gioco anche rispetto alle azioni pericolose stesse realizzate dal Napoli. Con la Fiorentina il goal di Insigne è arrivato grazie al movimento palla verticale (tipico di Ancelotti) dalla linea difensiva (Koulibaly) al suggerimento della punta centrale (Milik) scalata per il trequartista (Insigne) avanzato alle spalle della difesa avversaria. In mezzo, la trasmissione del centrale di centrocampo: Hamsik. A Torino il copione non è stato così diverso ogni volta che il Napoli riusciva a velocizzare l’azione, talvolta anche risparmiando il numero di passaggi. Del resto, nel calcio il palleggio funziona soltanto quando si dispone della capacità di una linea offensiva molto rapida. Altrimenti, l’economia del passaggio diventa determinante per arrivare a rete. Beate le squadre che sanno fare entrambe le cose. Ancelotti, probabilmente, sta lavorando su questo.

L’alternanza dei terzini

A Torino l’impiego di Luperto ha liberato la maggiore fluidità di Hysaj (tra i migliori in campo) e ha “dedotto” la sovrapposizione dei fluidificanti dalla fase offensiva. Col 4-2-3-1 la superiorità numerica si costruisce dalla trequarti in su? Probabile. Ecco che in prospettiva, col recupero di Ghoulam e l’alleggerimento del compito e del carico di presenze a un più risparmiabile Mario Rui, il Napoli avrebbe un’arma in più. Oltre che un numero di uomini ancora maggiore (quest’anno la rosa si è ampliata grazie soprattutto all’intervento di Ancelotti sull’organico già presente), un insieme di sistemi di gioco diversi, che usurerebbe meno gli interpreti, ma con moduli ugualmente performanti.

Ieri, forse per la prima volta in stagione, sin dai primi minuti il Napoli ha dato sfoggio di molte delle sue possibilità. Nessuna sostituzione è stata scelta per rinvigorire esclusivamente l’aspetto atletico. Tre cambi tattici che hanno contribuito a una mutazione costante. Col Torino si è visto un Napoli a quattordici calciatori.