Una delle squadre più discusse di questo primo scorcio di stagione italiana è sicuramente il Napoli di Carlo Ancelotti che, al netto di una partenza comunque buona, eccezion fatta per il pesante scivolone di Genova, continua a convivere, suo malgrado, con il fantasma di Maurizio Sarri, passato al Chelsea in estate dopo una querelle piuttosto lunga col presidente De Laurentiis (che ancora oggi non perde occasione per attaccare il suo ex allenatore ogni qualvolta un giornalista gli mette un microfono davanti). 

La stragrande maggioranza dei tifosi, ad ogni triangolazione sbagliata, ad ogni lancio in verticale preferito ad un lungo fraseggio corto insistito, ad ogni scivolamento sull'esterno di un centrocampista per coprire il campo in ampiezza con il più classico dei 4-4-2, non perde occasione di pescare dall'album dei ricordi le foto della "Grande Bellezza" sarriana per piangerci amaramente sopra. Chi vi scrive, fervente tifoso della squadra azzurra - per inciso - ancora oggi, durante i momenti difficili della sua esistenza, si va a riguardare quelle 4 o 5 partite clou dell'era sarriana, come la goleada alla Lazio in casa al San Paolo alla quarta giornata di campionato di ormai tre stagioni or sono, oppure le cinquine rifilate a Torino (due volte), Cagliari ed Empoli nel momento di massimo splendore di Mertens (ed Higuain) centravanti, i 7 gol al Bologna e chi più ne ha, più ne metta. Ebbene, forse i più attenti avranno notato una cosa, che già l'anno scorso qualcuno si era permesso di sottolineare, seppur con una mano solo timidamente alzata: il Napoli dell'ultima stagione, quello che è andato vicinissimo a strappare un titolo clamoroso alla Juventus, quello dei record su record, in realtà non era così incantevole come tutti noi l'abbiamo idealizzato, un po' come quando sei follemente innamorato di una ragazza e pure se inizia ad essere un po' distante, diversa ed annoiata, noi la vediamo ancora come Dante vedeva Beatrice. Insomma, l'amore ci rende, se non ciechi, quantomeno leggermente miopi.

A dire il vero, il Napoli di Sarri lo scorso anno aveva iniziato davvero a dei ritmi clamorosi, con sette vittorie in altrettante partite e, soprattutto, un volume offensivo inarrivabile quasi per tutti in Europa. Gli azzurri, per i primi due mesi di stagione, erano stati davvero una schiacciasassi, ma dall'infortunio di Ghoulam (e dalla leggera involuzione di Mertens) in poi tutti i numeri offensivi della squadra si erano drasticamente ridotti, tanto è vero che la squadra è riuscita a competere per lo scudetto principalmente grazie ad una granitica solidità difensiva. Non grazie alla fluidità di manovra, non grazie al calcio champagne: il Napoli si è avvicinato sensibilmente alla Juve quando ha smesso di prendere gol. Udinese, Atalanta, Roma, SPAL, Juventus, Crotone: tutte partite finite col punteggio di 1-0, lo stesso dell'ultimo Napoli-Fiorentina. Con l'unica differenza che, mentre quelle vittorie di misura erano delle vittorie di carattere, da grande squadra che non ha concesso nulla all'avversario ed ha colpito nel momento propizio con cinismo, questa vittoria è una vittoria quasi insapore, frutta più del caso e del colpo di estro di Insigne.

Mi prendo la responsabilità di quello che dico: il Napoli spaventoso di cui abbiamo tutti memoria è figlio di 15/20 prestazioni di livello clamoroso spalmate in tre anni. Per la maggior parte, queste prestazioni sono concentrate in due periodi storici precisi: il periodo post-adozione del 4-3-3 ed il periodo coincidente con la rivoluzione Mertensiana. Tutte le altre partite, soprattutto quelle dello scorso anno, sono state perlopiù delle ottime esposizioni di principi tattici e fase difensiva ad alti livelli. Che poi è esattamente quello che Ancelotti vuole fare ed ha già parzialmente fatto contro la Fiorentina.

Non fraintendiamoci: quello che Sarri ha fatto al Napoli è qualcosa di indescrivibile, ma non per questo intoccabile ed insindacabile. Forse però dovremmo tutti dimenticare, magari attraverso qualche seduta di psicoterapia o di sparaflashamento alla Men in Black, molti di quei momenti. Perchè non si può continuare a giudicare questo Napoli facendo paragoni col passato, soprattutto se è un passato idealizzato.