È arrivato quel momento della stagione in casa Inter, quel momento in cui iniziano già a circolare malumori sull'operato di Spalletti susseguenti a un periodo difficile. Diciamo che non era difficile da immaginare: d'altronde in casa nerazzurra funziona sempre così da ormai più di un lustro a questa parte. Si inizia la stagione con delle belle premesse e che fanno ben sperare per il prosieguo della stagione, poi arriva il primo momento di difficoltà - naturale per qualsiasi squadra - solo che il gruppo, abituato alla mediocrità, si sfalda e i giocatori che sono da più tempo a Milano trascinano in una spirale negativa tutto il resto del gruppo. A questo punto le colpe ricadono sull'allenatore di turno che viene sempre messo in discussione e che sembra mai all'altezza dell'Inter, come se il reale problema fosse davvero lui. Dopo di che arriva il cambio in panchina che manda a farsi benedire il finale di stagione, ma non importa perché sui giornali si fanno nomi per il mercato, poi arriva sempre qualcuno di nuovo e si ricomincia con questo loop. 

Per ora siamo al terzultimo step, quello delle discussioni sull'allenatore, ma il problema non è analizzare questa sequenza infausta che si sussegue da anni, ma capire perché tutto ciò accade, capire come sia possibile che tutto questo avvenga senza che nessuno si domandi mai - ai piani che contano - come arginare questa situazione che va avanti da troppo tempo. Il pensiero, non troppo velato ormai, è che ci sia qualcuno che avalli questo comportamento, che non abbia mai fatto nulla per evitare che questa aurea di mediocrità, di negatività che si è impossessata dello spogliatoio nerazzurro e che puntualmente torna ogni stagione, anzi non se ne va mai via.

Non si tratta di essere completamente negativi, ma di essere onesti: non può essere sempre colpa dell'allenatore, non può essere sempre colpa dei vari azionisti di maggioranza. Dal 2011 l'Inter ha cambiato tre proprietà e otto allenatori, non può essere sempre chi arriva dopo a pagare le colpe di un sistema ormai malato. Se in una scuola cambiano gli alunni e i presidi, non i professori e i risultati sono sempre negativi per gli alunni vorrà dire che sono i docenti a non saper fare il loro lavoro. Parimenti se i giocatori che sono da più tempo all'Inter continuano a mostrare sempre le solite incertezze evidentemente qualche colpa la avranno. Anche più di qualcuna. 

Ma più colpe le ha chi è stato il trait d'union di tutte queste gestioni perché invece di intervenire alla radice e cancellare questo autolesionismo latente dalla mente dei giocatori o - in casi estremi - allontanare il giocatore dallo spogliatoio, ha giustificato questo atteggiamento in alcuni casi gratificandolo e giustificandolo. Spalletti - nel caso specifico - è normale che davanti alle telecamere difenda i giocatori, ma ci dovrebbe essere qualcuno preposto in società ad analizzare il campo e prendere decisioni, ma - per citare il Sommo Poeta - hanno preferito vivere senza infamia e senza lode e lasciare andare le cose per come sono. Sarebbe facile fare i nomi, ma si lascia alle doti investigative del lettore questo compito: si guardi quali sono le figure (tutte quante) che persistono all'Inter in tutto questo periodo di tempo e si avranno i responsabili di questa situazione.

L'Inter si trova davanti, per l'ennesima volta, ad un bivio importante: seguire la propria infausta routine o dare una svolta, ma per farlo bisogna prendere una decisione chiara. Cercare di nascondere tutto questo sotto il tappeto e provare a proseguire con queste modalità farà solo il male dell'Inter, avallare nuovamente questo atteggiamento negativo, di mediocrità che ormai si è impossessato da anni dei giocatori e proteggerli a discapito dell'allenatore porterà solo all'ennesima stagione buttata, cambiare - nuovamente l'allenatore - vuol dire essere conniventi con tutto questo e accettare, per pura ignavia, questa situazione e pensare solo al proprio bene, alla propria immagine e non a quella dell'Inter anteponendo la vana gloria e le vane lusinghe ai risultati di un club.