Da quando la vecchia Coppa Uefa è stata riformata, con l’accorpamento della Coppa delle Coppe, nell’attuale Europa League, considerando i quattro principali campionati europei (Spagna, Inghilterra, Germania, Italia) nessuna squadra, fino a questo momento, è riuscita a conquistare questo trofeo insieme alla vittoria del proprio campionato nazionale. Aggiungendo anche i campionati francese e portoghese (ma non paragonabili ai quattro citati), farebbe eccezione, non molto rilevante, soltanto il Porto. Per diverse ragioni molto spesso questa competizione costituisce una sorta di “riserva” per squadre che ambiscono alla qualificazione diretta in Champions (da quando è stato introdotto questo beneficio) o che, loro malgrado, sempre stando ai quattro tornei nazionali più prestigiosi d’Europa, non possono ambire alla vittoria del campionato. Sono aspetti, in generale, dettati soprattutto dalla struttura dell’Europa League, una competizione nemica di ogni programma di preparazione atletica. Giocare il giovedì significa compromettere la preparazione di una parte delle gare di campionato. Basta chiedere a un allenatore cosa significa lavorare a un incontro di campionato se si torna, per esempio, il venerdì, da una trasferta giocata in Russia.

Nella scorsa stagione, per citare una dinamica recente, il Manchester United - inutile ricordare il calibro economico e organizzativo di questo club - a un certo punto della stagione ha deciso di puntare tutto sulle coppe, in particolare sulla vittoria dell’Europa League, di fatto mollando anzitempo la presa a un campionato concluso al sesto posto e a ventiquattro punti dalla prima. Quest’anno, un altro esempio ancora più significativo, la squadra campione d’Europa e del mondo, il Real Madrid, ha implicitamente abbandonato la corsa alla conquista della Liga (attualmente quarti e a diciassette punti dalla prima) per dedicarsi completamente - ovviamente non può dichiararlo, ma certe cose si capiscono - al tentativo di conquistare per la terza volta consecutiva la Champions League (da quando esiste la formula a gironi, così, le merengues stabilirebbero un record assoluto). E si potrebbe proseguire con esempi recenti e lontani di squadre che a un certo punto della stagione hanno scelto a quali competizioni dedicare più attenzione e concentrazione. Il calcio aziendale, l’industrial futbol, per la strada che ha preso, a volte pone certi dilemmi ai grandi club figuriamoci a quelli meno ricchi e potenti. Per i club citati e per altri ancora arrivare secondi significa fallire.

Ecco che, al di là dei moralismi di certa stampa e di una parte dei tifosi, quello che è capitato al Napoli in Europa League non deve destare sconcerto. Si tratta di un effetto naturale, come più volte lasciato intendere da Maurizio Sarri, da parte di una squadra che ha ben presente il livello di difficoltà e di concentrazione che richiede un campionato in cui per compiere l’impresa è necessario avere ragione di una Juventus misura di una condizione incontestabile: vincere ogni partita, sempre. Per farlo, altro dato dimostrato dall’andamento del periodo iniziato dopo la fine dei gironi di Champions, il Napoli, nell’attuale condizione di organico, ha bisogno di preparare gli incontri di campionato con il necessario numero di giorni utili a un organico incompleto e che da mesi sta facendo a meno di calciatori molto importanti a causa di infortuni molto gravi. Non si trascuri che nel periodo in cui cade il doppio impegno con il Lipsia il Napoli, oltre a Ghoulam, Milik e Chiriches, deve valutare con molta prudenza l’impiego di Albiol (non al meglio e assente anche in campionato) e l’utilizzo di Hamsik.

Nel giro di una settimana, a ridosso della partita col Lipsia, Tonelli, che fino a questo momento non aveva mai giocato, è diventato un elemento indispensabile nella gestione degli equilibri di un reparto, quello difensivo, che si trova in piena emergenza. L’attacco, poi, non dispone nemmeno del numero sufficiente di uomini per poter ipotizzare un turnover degno di questo nome. Non è da trascurare nemmeno che il Napoli ha giocato con la seconda della Bundesliga schierando tre uomini fuori la loro posizione abituale, Hamsik non al meglio della condizione fisica e Tonelli che, da agosto a febbraio, ha giocato novanta minuti quattro giorni prima, nella gara con la Lazio. In molti hanno criticato Diawara e le cosiddette seconde linee. Sì, è vero, alcuni calciatori non hanno di certo disputato la loro miglior partita, ma i goal del Lipsia sono arrivati quando in campo sono entrati quelli che di solito sono titolari. Il Napoli d’emergenza, che è stato sconfitto dai titolari della seconda del campionato tedesco, ha perso per effetto delle attuali condizioni della sua stagione. In questo momento anche quelli che giocano meno sono preziosi. L’impiego di Tonelli, che va rispettato per la serietà con cui si è fatto trovare subito pronto, dice tutto.

Chi non comprende questo, forse, non ha bene inteso quanto sia delicata e irripetibile la posta che richiede una concentrazione indispensabile per poter proseguire i numeri da record in un campionato per cui quell’impresa che alimenta le speranze dell’ambiente napoletano può essere inseguita soltanto prendendo coscienza di quella è che l’attuale situazione. Lo hanno fatto e lo fanno in altri frangenti club di un livello di gran lunga superiore a quello del Napoli. Un ipotetico ottavo di finale sarebbe stato disputato a cavallo di Roma e Inter. Una squadra che si sta giocando lo scudetto punto a punto con la Juventus e che è costretta a vincere ogni gara di campionato, come avrebbe potuto affrontare due gare di Europa League e la frazione di calendario più delicata con mezza difesa infortunata e rimaneggiata, altri calciatori non in ottima condizione fisica e un organico numericamente ridotto?

Invece di mettere alla gogna una sconfitta per mano, bene ribadirlo, della seconda della Bundesliga, forse sarebbe più intelligente rendersi conto che questo tipo di “scelta” è diventata irrinunciabile a causa di cause esterne alla squadra. La sfortuna che ha colpito l’organico con troppi infortuni e un non-calciomercato - e qui si aprirebbe un lungo dibattito sulle scelte della società - hanno condizionato un ambiente che però ha avuto le idee chiare sin da settembre. Ralph Hasenhüttl, l’allenatore del Lipsia, dopo la partita ha dichiarato che al posto di Sarri, forse bravo a indossare la maschera giusta a fine partita, avrebbe fatto la stessa cosa, che avrebbe schierato le seconde linee, con tutto quello che ne sarebbe conseguito. 

Anche i tifosi avranno percepito questa necessità? Il San Paolo era quasi vuoto. Complice tre partite in una settimana (economicamente non è un aspetto da sottovalutare), i tifosi non avranno forse accompagnato inconsapevolmente questa determinazione? Per la Spal si va verso il tutto esaurito. Secondo Charles Baudelaire lo stoicismo è una religione che ha un solo sacramento: il suicidio. Chi vuol capire, capisce.