E' finalmente tornata a vincere l'Italia ieri, i tre punti in un impegno ufficiale mancavano addirittura da oltre un anno, l'ultima affermazione era arrivata in Albania nell'ultima giornata del girone di qualificazione ai Mondiali di Russia 2018, traguardo poi sfumato nel doppio impegno playoff contro la Svezia che segnò la chiusura dell'era Ventura. Quello di ieri in Polonia è anche il primo sorriso per il c.t. Mancini, reduce appunto da un pareggio proprio coi polacchi e una sconfitta col Portogallo in avvio di Nations League, al netto delle amichevoli giocate dagli Azzurri da quando a guidare il gruppo è l'ex allenatore di, fra le altre, Inter e Manchester City.

Nella sfida contro Lewandowski e compagni l'Italia ha confermato le note positive già mostrate contro l'Ucraina qualche giorno fa, ma anche gli stessi difetti: bel gioco, veloce, imprevedibile, tante occasioni da gol create, ma anche momenti di prolungata pausa a livello di ritmi, qualche crepa di troppo nei contropiedi concessi a campo aperto, un numero di fuorigioco elevati, e, nonostante lo zampino di Lasagna sul gol di Biraghi che ha deciso il match, mancanza di alternative di livello ad un undici titolare comunque apprezzabile. In prospettiva ci sono i motivi per non deprimersi più di tanto, ma non sempre risultati prestigiosi a livello giovanile hanno poi ritrovato continuità nel calcio che conta. Guardando prettamente al presente o al massimo al futuro prossimo, è evidente che manca qualcosa qua e là in giro per i vari reparti. Andiamo con ordine.

PORTIERI - E' l'unico ruolo dove non manca praticamente nulla: esperienza e qualità, ricambio generazionale, la porta Azzurra sembra essere al sicuro. Fra Donnarumma, Perin e Cragno, senza dimenticare Sirigu, Mancini può concentrarsi su altro.

DIFENSORI - Bonucci e Chiellini non si discutono, ma dietro di loro com'è la situazione? La continuità di Acerbi e la crescita di Romagnoli sono le prime alternative, in questo momento delle loro carriere però non sembrano poter assicurare un livello pari ai titolarissimi. Non si possono dimenticare Rugani e Caldara, ma entrambi, chi per un motivo e chi per un altro, non hanno ancora posto in essere quel salto di qualità che ci si aspetta da due promesse come loro. Discorso più complicato sugli esterni dove Florenzi è da considerarsi fra i top di ruolo, per il resto, nonostante il gol di Biraghi di ieri, sembra esserci un vuoto difficilmente colmabile: l'esterno viola, o i vari Criscito, D'Ambrosio, Emerson, non fanno dormire sonni tranquilli se si vuol fare sogni di gloria.

CENTROCAMPISTI - Le chiavi della squadra sono state messe nelle mani di Jorginho, come giusto che sia, ma guai a farsi influenzare dai facili parallelismi: quest'Italia non potrà mai essere il Napoli di Sarri, né l'attuale Chelsea allenato dall'ex tecnico partenopeo, non c'è il tempo per provare certe cose, la squadra è inoltre strutturalmente differente. Basta, inoltre, guardare i compagni di reparto dello stesso ex Hellas: Verratti e Barella sembrano ormai i due designati in tal senso, un centrocampo di piccoletti per far girare la squadra ad una certa velocità, la verticalizzazione sarà l'arma in più di questa squadra, nonostante un problema forse incurabile che analizzeremo a breve quando parlaremo degli attaccanti. Le riserve? Onesti operai che, a modesto parere dello scrivente, non hanno possibilità né di far cambiare forma alla squadra, né di mantenere alto il livello dei tre già citati: per dar fiato si, quello tornerà bene se e quando ce ne sarà bisogno. Ci si riferisce a Gagliardini, Parola, lo stesso Bonaventura, forse Pellegrini, anche se questi due probabilmente rendono più se spostati in posizione più avanzata, se utilizzati in una struttura di gioco differente che però costringerebbe a togliere di mezzo i pezzi migliori del reparto avanzato.

ATTACCANTI - Eccoci al nodo principale: si potrà giocare sempre e comunque con Insigne e Bernardeschi ad alternarsi in mezzo, coadiuvati da Chiesa a destra? Tutti hanno un buon numero di gol nelle proprie gambe, ma nessuno appare un bomber puro, e spesso la mancata ricerca della verticalizzazione, la poca capacità di allungare la squadra o di tenere palla alta contro pressing rocciosi, potrebbe mandare in difficoltà la squadra, a maggior ragione contro avversari di un certo livello che questa Italia ancora non ha avuto modo di incontrare con questa nuova base tattica proposta da Mancini. La speranza è che Immobile impari a rendere con l'Italia al pari di quanto fa nella Lazio, o che magari Belotti torni ad essere il Gallo di qualche anno fa. Poi c'è il solito sogno, ma quello sta diventando utopia: vedere Balotelli simbolo di questa Nazionale, caricarsi il gruppo sulle spalle e portarlo il più in alto possibile.

Studi bene Mancini, la retrocessione in League B della è stata scongiurata, adesso l'obiettivo è quello di creare il gruppo giusto che permetta all'Italia di affrontare le qualificazioni agli Europei con tutte le sicurezze possibili per centrare l'obiettivo e tentare di far rinascere un movimento sicuramente in crisi, ma che non è comunque tutto da buttare come frettolosamente qualcuno insiste a sostenere ad ogni occasione buona.