Come Ettore e i Troiani, come i 300 di Leonida nella battaglia delle Termopili, un'impresa leggendaria sfumata per un dettaglio, per un episodio, come il cavallo di legno, come il tradimento di Efialte: è questo il destino della Juventus al Santiago Bernabeu, 0-3 al 92'25'' e poi una distrazione complessiva di reparto, un arbitro che ci pensa un attimo di troppo per poi indicare il dischetto del rigore, e Ronaldo che si presenta dalla linea degli undici metri vestendo i panni di Ulisse, o di Serse. Poteva essere un riscatto clamoroso anche per il calcio italiano, ed invece la Vecchia Signora si ferma a (meno di) mezzo passo dalle semifinali di Champions League, e probabilmente anche da un ruolo di favorita che avrebbe potuto rivestire nella top-4 delle restanti in ballo visto quanto successo sugli altri campi.

Difficile criticare la prestazione bianconera di ieri sera, un'attenzione maniacale dietro, un centrocampo commovente con Matuidi a rincorrere tutti, un attacco capace di mandare in tilt la difesa blanca con Mandzukic ad abbattere il diretto avversario di turno: e allora? Contro Ulisse e/o Serse non puoi permetterti distrazioni sennò la guerra che stai vincendo, o per la quale stai cominciando a cullare sogni di gloria, si trasforma in disastro: Pjanic lascia venti centimetri di troppo a Kroos, Chiellini si preoccupa più di Kovacic anziché dello spazio in area, Alex Sandro si perde la linea della sua difesa non trovando la forza giusta per contrastare Ronaldo, Benatia in ritardo sulla chiusura della vita. Manca un solo tassello a questo riassunto: Gonzalo Higuain. Il Pipita, grande trascinatore a suon di gol di questa squadra da ormai quasi due anni, match-winner nel turno precedente col Tottenham, nel doppio confronto con gli ex compagni è praticamente scomparso di scena se non per qualche giocata comunque di poco conto. Timido, impreciso, dunque innocuo. Non si discute il valore di un calciatore che comunque in Europa non ha mai segnato più di quanto fatto da quand'è sbarcato a Torino, ma la cronaca impone che venga fatto il suo nome, come in passato è toccato ad altri salire sul banco degli imputati. Per esempio a Massimiliano Allegri: tre scudetti di fila, altrettante Coppe Italia, ora in testa in A ed in finale nella stessa coppa di lega, due finali di Champions e due eliminazioni rocambolesche, ma sempre al centro delle polemiche. Un cambio forzato ieri al Bernabeu, poi immobile sino al fischio finale: voleva giocarsela ai supplementari, e sino alla frittatona finale aveva ragione lui. Poi, però, Serse, Ulisse, bla bla bla...

A proposito di bla bla bla, quante critiche a Gigi Buffon nelle ultime ore, quanti moralisti, quanti professoroni: il rigore c'era, sull'espulsione e tutto quello che viene dopo inutile parlarne perché se ci si meraviglia dello sfogo di un ragazzone che finisce così la sua avventura europea, ci si può ritrovare in sole due posizioni. La prima è quella nella quale a parlare è chi non è mai entrato in un campo di calcio neanche per giocare contro agli amici il lunedì sera dopo il lavoro, la seconda è quella nella quale a parlare è chi non distingue il confine fra sfottò e odio. Buffon non è un democristiano anni '80, Buffon non è un martire pronto a porgere l'altra guancia, Buffon non è un santo e non lo è mai stato: Buffon è un calciatore, con onori ed oneri che si sposano con la sua professione. Non capire (che non significa di certo condividere obbligatoriamente al 101%) quello sfogo significa non volerlo capire per partito preso. E attenzione perché è del solo Buffon che si sta parlando: il gesto di Chiellini in campo, o le parole di Agnelli sul VAR (caro presidente, poi tutto bello e buono, ma lei confonde la moviola con altro di utile, e no, questo non è accettabile), se li sarebbero risparmiate volentieri anche i tifosi della Juve. Ma a Buffon, signori e signore, cosa vorreste dirgli? Applaudite, ringraziate di aver vissuto, da amanti di questo sport, durante la sua era, sennò non è di calcio che state parlando.

"E' legge del contrappasso", si legge e sente nei bar dello sport: bisognerebbe far altro nella vita come hobby, bisognerebbe avere altre passioni, se fossero davvero questi i pensieri che accompagnano una partita di calcio. Non si può di certo nascondere che al Bernabeu c'è più pressione per un arbitro rispetto a qualunque altro stadio del mondo, ma sentirsi fieri così stupra il senso dell'essere tifosi, trasforma tutto in fanatismo: non sarebbe una novità, solo alcuni giorni fa si citavano in questo blog l'aggressione al pullman del Milan o alla dirigenza della Juve a Benevento. E' questo il prodotto che viene venduto e che la gente compra: vino in cartone, non più prodotto di qualità.