Poco più di un mese fa è morto Davide Astori, per qualche giorno l’ipocrisia (oggi è evidente che di questo si trattava) ha investito buona parte del carrozzone calcio, ma già è tutto tornato alla normalità, intesa come quella situazione globale in cui a fare da padrone è tutto meno che le cose che in un mondo normale farebbero rima con civiltà, educazione, rispetto: da quel tragico momento si è assistito ad una serie di oscenità clamorose che spiegano più di qualunque altro ragionamento logico il decadimento del calcio italiano cominciato, che piaccia o meno, con lo scandalo, non per forza inteso nel significato comunemente attribuito a quelle vicende, che ha travolto il calcio italiano a partire dal maggio 2006. Aiutatemi ad aggiornare la lista se dovesse venirvi altro in mente:

- pietre su giovani calciatori al torneo di Viareggio;

- insulti e lamentele su presunti complotti vari con qualcuno fra gli addetti ai lavori che ha addirittura parlato di VAR manipolata ad orologeria;

- racconti parziali o incongruenti degli episodi e del regolamento;

- pullman dirigenziali assaltati;

- minacce con buste contenenti proiettili ai vertici Aia;

- dirigenti costretti a scappare dalle tribune;

- giornalisti a strapparsi le vesti per la morte di un loro collega, Ignazio Scardina, dopo averlo infamato, e pronti a litigare sui social come se non ci fosse un domani.

Se la Juve, la migliore espressione possibile ad oggi in Italia a prescindere da come finirà questo campionato, prende tre scoppole col Real e viene sbeffeggiata al di là dei propri demeriti, se la Roma (seconda forza “storica” post-calciopoli) raccoglie 4 palloni nella propria porta col Barcellona, se il Napoli si specchia nelle acque del suo mare prendendo schiaffi in giro per l’Europa, se le milanesi sono società di cui si sa poco economicamente e non solo, se esistono casi Parma, calcioscommesse o fallimenti sportivi annunciati come il Pescara degli anni scorsi o il Benevento di quest’anno, non ci si può meravigliare: l’abbiamo voluto noi, ci sguazziamo, e continuiamo ad alimentare tutto ciò mentre gli altri ci mangiano in testa. Soluzioni ce ne sarebbero, ma anche nel solo tentare di attuarle finirebbero gli alibi per il 90% dei tifosi, dei giornalisti, dei dirigenti, e dunque rassegnatevi perché per tanto, tantissimo, troppo, forse per sempre visto il divario creatosi, esisteranno solo casi di gloria isolata (2-1 al Real, 3-0 al Barcellona), di imprese sfiorate (Berlino, Cardiff), di exploit leggendari (tot scudetti consecutivi corredati da tot coppe Italia): a Torino qualcuno si è adeguato, gli altri prima o poi (forse) avranno qualcosa da raccontare.

P.s.: basterebbe switchare dal calcio alla vita di tutti i giorni, e le considerazioni sarebbero drammaticamente simili.