Mentre i media governano il calcio e chi lo segue santificando presunti campioni e dedicando attenzione a calciatori sopravvalutati, Dries Mertens resta sempre più fedele a se stesso. A volte, per certi giocatori trovare la propria dimensione può significare la rinuncia a quell’elogio che soltanto con certe casacche addosso può diventare abitudine.

Mentre a Napoli da anni una parte del tifo e una parte del giornalismo napoletano chiedono a gran voce l’arrivo di nomi altisonanti, all’ombra del Vesuvio ne restano alcuni che si ostinano a “contemplare l’America” e a rifiutarsi di riconoscerla. Mertens è di uno di questi. A differenza dei presunti campioni di cui sopra che, a suon di editoriali e lectio dagli studi televisivi da parte di retori del niente, fanno più rumore in bocca alla vanità e alle convinzioni di questi oratori che sul terreno di gioco.

C’è chi da anni è scomparso dalle top 15 delle statistiche della lega calcio, ancora non vi ha fatto ritorno (ammesso che ci sia stato a lungo) e Mertens non fa trascorrere una stagione senza perdurarvi per annate intere. Goal, assist e altre giocate decisive, senza considerare la qualità delle sue giocate, per un rendimento che lo pone tra i grandi calciatori d’Europa. Eppure, la bolla di contenimento di una piazza da sempre a ridosso del prestigio, ma mai completamente dentro l’aristocrazia del calcio continentale, lo arretrano inevitabilmente nelle ingenerose e per nulla eque gerarchie della grande esposizione mediatica.

L’approssimarsi al superamento del record di goal di Maradona e la possibilità di migliorare anche quello assoluto detenuto da Hamsik restituiscono il belga a un riconoscimento che soltanto con il raggiungimento di un traguardo importante da parte della squadra lo consegnerebbe alla storia come meriterebbe, ben più di chi vince, ma non ha fatto molto per riuscirci. Ma il calcio è fatto anche da questi calciatori. Grandi interpreti destinati a fare più fatica, a procedere controvento.

Ormai, non si contano le reti di grande fattura realizzate dall’attaccante belga con la maglia del Napoli. Grandissimi goal, tanti, giocate di rara raffinatezza che se fossero state eseguite da altri calciatori, forse sarebbero ancora celebrate. E quello di Dries Mertens non è un caso isolato. Come per lui, ad altri giocatori, a prescindere dal ruolo, di altre squadre, andrebbero tributati omaggi e riconoscimenti da un’attenzione di gran lunga superiore a quella riservata a chi indossa certe maglie.

Dries Mertens è uno che rincorre l’avversario fino all’ultimo minuto pure quando è ancora in discussione la possibilità del rinnovo del suo contratto. Dovere professionale? Certamente, ma un dettaglio non trascurabile in un calcio dove certi presunti campioni sono così unici e rari che i loro club non riescono nemmeno a trovare qualcuno che li compri.

A Napoli, dove tanti giornalisti con la puzza sotto il naso giocano a fare i sostenitori della piazza, ma, in fondo, sono soltanto i peggiori denigratori, dove non pochi tifosi si fanno affliggere dalla propria incontentabilità a svantaggio di ogni entusiasmo, dovrebbero essere grati di avere un calciatore così. E di goderselo, perché come lui non ce ne sono molti.