La lunga e triste serie delle vittime della Formula 1 si apre nel 1954: il primo pilota a perdere la vita è l'argentino Onofre Agustín Marimón, sul circuito di Nürburgring, durante il Gran Premio di Germania. In undici anni, tra il 1960 e il 1970 sono morti addirittura 10 protagonisti tra i piloti della Formula 1, tra i quali Jochen Karl Rindt, nel Gran Premio di Monza. Gravi lutti hanno coinvolto il mondo dei motori negli '80, come quello di Riccardo Paletti, nel 1982, GP del Canada, a Montréal e, nel medesimo anno, quello di Gilles Villeneuve, durante le prove del Gran Premio del Belgio. 

Questo, prima di quell'imbrunire di aprile e sorgere di maggio del 1994. Questo, prima di quei 30 aprile e 1 maggio 1994, delle morti di Roland Ratzenberger e di Ayrton Senna.

Tre mondiali disputati, due vinti. Più di venti pole position conquistate. Una rivalità con Prost da cui ha solo tratto giovamento. Dalla sua: la folla, l'amore e il tifo incondizionato. La prossima tappa, dopo il successo di Phoenix è casa sua, l'apoteosi sportiva per un uomo e l'apice della vita per uno sportivo. Si lascia il fin troppo scontato circuito carioca di Jacarepaguà e si torna dov'è nato e da dove tutto ha avuto inizio: Interlagos, autodromo José Carlos Pace, San Paolo. E' il 24 marzo 1991, e una Domenica come quella non la rivivremo mai più.

Nigel Mansell and Ayrton Senna (Getty Images)

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Una corsa ritenuta massacrante dai piloti e proibitiva dalle scuderie. L'estate australe porta 40c° e un tasso d'umidità insopportabile. La McLaren di Senna accusa qualche noia al cambio, ma nessuno ne approfitta. L'eterno rivale Prost rimane ingabbiato alle spalle di Piquet su Benetton e per evitarlo rientra ai box, seguito da Mansell che non esente da noie meccaniche impiega 14'' per uscire dalla zona pit-stop. Entrambi rientrano dietro una carovana capitanata da Alesi e Berger. L'unica auto che sembra andar bene è la Williams FW14 di Pratese, in grado di sopperire ai disastri meccanici del compagno Mansell, e si piazza alle spalle del padrone di casa. Rientrano anche i piloti di testa e Mansell conquista la seconda piazza pronto a prendere la testa del gruppo.

In 10 giri, dal 50.o al 60.o la gioia e il dolore: Mansell si ferma ancora per una foratura, Senna si sente ormai certo della vittoria, ma all'improvviso rompe la quarta marcia. La comunicazione ai box sembra una sentenza e ancor prima di ricevere ordini in merito è lui a parlare: “Anche la terza marcia non è utilizzabile”. Sembra finita, il sogno che svanisce, lo scettro perso nel posto più importante per vincere, ma dallo specchietto retrovisore destro, appena prima di tagliare il traguardo del 62.o giro Senna scorge Mansell nella via dei box, ritiro per un problema al cambio. Rimane un buon vantaggio sui rivali, rimane un'impresa pronta a divenire epica.

Senna non si arrende, lo sforzo è immane, il rischio che l'auto si spenga da un momento all'altro a causa dei giri troppo bassi del motore Honda è più che un'ovvietà. Pratese si avvicina, e Senna rompe anche i rapporti dalla prima alla seconda. Continuare è impossibile, lo sforzo fisico a bordo di una F1 è senza precedenti, Senna stringe i denti e con la quinta marcia ormai rotta conclude la gara davanti a Pratese di sesta, solo con la sesta marcia utilizzabile! Al 71.o giro il vantaggio è di appena +2.991 in 1:38:28.128 di corsa totale, i due sono seguiti da Berger, Prost, Piquet ed Alesi.

All'arrivo, ferma subito l'auto all'altezza della Reta Oposta. E' semi-svenuto, con un braccio atrofizzato privo della minima mobilità; compagni di team e commissari lo aiutano a scendere dall'auto. Lui stesso sibila a Pratese di “non abbracciarlo troppo forte”.

Con indosso la bandiera verdeoro, non fu in grado di sorreggere Coppa e bottiglia di Champagne prima di una buona mezzora di gioiosa attesa.

Senna non aveva vinto, aveva scritto la storia di questo e di tanti altri sport. Quel giorno e negli anni a venire.

I molti penseranno che quest'impresa sia la storia e queste poche righe la cronaca essenziale di quelle ore, di quei giorni, di quegli anni. Chi scrive, tuttavia, ritiene che la vera impresa risieda in altri, involontari, pochi secondi.

Questi:


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Il 21 marzo 1960 nasceva a San Paolo un ragazzo come tanti che sin da bambino dimostrò un grande interesse verso il mondo dello sport.

A differenza però, dei suoi coetanei il giovane Ayrton non passava i pomeriggi a giocare a calcio sulle bianche spiagge brasiliane, ma alternava il suo tempo libero tra il garage di casa, nel quale accudiva quasi come fosse un fratello il suo kart e la pista di Interlagos, nella quale testava le sue abilità di pilota. Di famiglia benestante Senna fece il suo esordio nel mondo delle corse a tredici anni dimostrando sin da subito di possedere delle potenzialità e una tecnica assolutamente al di sopra di quelle dei suoi rivali laureandosi più volte campione di categoria.

Grazie al patrimonio familiare Senna all’età di ventun anni poté trasferirsi in Europa dove fu ingaggiato come pilota nel campionato di Formula Ford 1600 e anche qui riuscì ad imporsi garantendosi cosi per la stagione 1982 un sedile in Formula Ford 2000 categoria grazie alla quale acquistò visibilità.

L’anno successivo infatti arrivò, da parte del team West Surrey Racing, l’offerta per guidare una Ralt-Toyota in Formula 3. La differenza tra le due categorie era evidente ma Senna riuscì a imporsi su piloti molto più esperti. Uno su tutti è Martin Brundle, iridato campione che non aveva dubbi su chi traesse maggior giovamento da quella rivalità: "La verità è che il 1983 lanciò la mia carriera più che la sua. Perché lui grande era già. Uno straordinario talento naturale".


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Come dargli torto dopo quello che accadde a Silverstone nel 1983? E' un giorno di pioggia inglese, in prima fila Brundle e Senna fianco a fianco. Parte bene il britannico che guadagna la testa della corsa, e alla curva Stowe va in copertura sul brasiliano posizionandosi all'interno, ma Senna si getta sullo sporco rischiando di finire già la sua gara e cogliendo di sorpresa Brundle. Il campione rimane all'interno e Senna lo supera sull'esterno. La pioggia è copiosa, l'asfalto scivoloso e si fa fatica a guidare; la bandiera rossa annulla tutto e Martin è ancora davanti Ayrton. Di nuovo loro, sempre alla Stowe. Brundle, ormai consapevole dell'agilità dell'avversario, si tiene in centro pista verso l'esterno, ma Senna senza esitazioni lo passa all'interno, guidando verso la vittoria.

Sul podio il britannico non ha pace, va da Ayrton e gli chiede come poteva sapere che la seconda volta era meglio superare dove impossibile la prima? Senna lo guarda e con un misto di spavalderia e competenza risponde: “Istinto”, ripetendolo una seconda volta. Anni dopo Martin Brundle dichiarò: “Capii che non l’avrei mai più battuto, uno così”.

1984 F1 British Grand Prix (Getty Images)

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Questa lunga gavetta nelle serie minori consentì al brasiliano il 25 marzo 1984 di tornare li dove tutto iniziò, ma questa volta non più alla guida di un kart, ma di una vettura di Formula 1, la Toleman-Hart. Sedicesimo alla partenza cercò un'impossibile rimonta che terminò al giro numero otto per la rottura del turbo.

L’insuccesso non fermò Senna che nell’arco della sua prima stagione riuscì a ottenere un incredibile secondo posto in occasione del Gp di Monaco in occasione della quale nascerà la più grande rivalità che il mondo della Formula1 abbia mai conosciuto, quella con Alain Prost. Senna non odiava il Prost uomo, quello lo ammirava e rispettava. Era il Prost pilota che teneva tutti sotto scacco in Scuderia che non sopportava; e la sua amicizia con l’allora presidente della FIA, Balestre, non era tra le più gradite al campione brasiliano.

La scuderia inglese Lotus, che negli anni ottanta era assolutamente una scuderia di primo livello, ammaliata dal pilota decise di ingaggiarlo per la stagione 1985.

Senna non tradì la fiducia ripostagli dal team inglese e già alla seconda gara, Estoril, ottenne sotto una pioggia torrenziale la sua prima vittoria nella massima serie.

Ayrton restò in Lotus per tre anni collezionando sedici pole, sei vittorie e altrettanti giri veloci che gli garantirono nella classifica iridata due quarti e un terzo posto.

Risultati che per un pilota sarebbero assolutamente soddisfacenti, ma non per Senna che correva per un solo obiettivo: il titolo mondiale. Proprio per questo nel 1988 divenne il compagno di squadra di Prost in McLaren, la scuderia al momento più forte dell’intero circus.

Ayrton Senna su McLaren (Getty Images)

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Il suo esordio nella scuderia tedesca, motorizzata Honda, fu memorabile. Grazie alle otto vittorie e al record di pole position, tredici, Senna arrivò a giocarsi la possibilità di laurearsi campione del mondo a Suzuka, teatro del penultimo appuntamento stagionale.

La gara che disputò è da molti considerata tra le più belle della carriera, partì in pole position, ma perse diverse posizioni al via. La brutta partenza non scoraggiò il pilota che iniziò una straordinaria rimonta conclusasi con il sorpasso ai danni del compagno di squadra. Questo sorpasso gli valse il piazzamento utile per diventare per la prima volta campione del mondo.

A ventotto anni Senna aveva raggiunto l’obiettivo per cui si era tanto allenato da giovane e non mancò da fervente credente quale era, di dare parte del merito del suo successo a Dio. Ciò però non fu sufficiente per placare la sete di vittoria del pilota ancora determinato a lasciare un’impronta indelebile nella storia dell’automobilismo.

-La sua fede lo ha accompagnato in ogni attimo di carriera. Nel 1992 Nelson Piquet, fresco di addio alla F1 riuscì "finalmente" ad esaudire un sogno da anni riposto in un cassetto di impegni e prove di gara: partecipare alla 500 Miglia di Indianapolis. Dopo essersi accordato con il team Menard per gareggiare con una Lola Racing Cars a motore Buick(tra i più performanti, ma estremamente poco sicuro) scese in pista, ma durante le prove subì un bruttissimo incidente che gli causo diverse fratture alle gambe, tenendolo sette ore in sala operatoria. Senna, che provava a Imola, chiamò Giorgio Ascanelli per farsi accompagnare in chiesa, a pregare per Nelson. Nonostante la storica rivalità tra i due piloti, rimase tutta la notte a pregare per l'ex collega.-

Il campionato 1989 iniziò nel migliore dei modi per Ayrton, tre vittorie nelle prime quattro gare. E tutta la stagione fu dominata dai due campioni McLaren che arrivarono a giocarsi la vittoria ancora una volta nel gran premio del Giappone, ma questa volta era Prost ad essere avvantaggiato. Con sedici punti da recuperare l’unico risultato possibile per Senna era la vittoria. Lo scenario a sei giri dal termine vedeva Prost primo e Senna secondo, al momento quindi sarebbe stato il francese a ricevere la corona del vincitore.

Senna era visibilmente più veloce e cercava il sorpasso da diversi giri; tentò quindi di sorpassare il rivale all’interno ma Prost anticipando la curva gli chiuse la traiettoria e ci fu il contatto con le vetture che finirono sulla via di fuga.

Prost si ritirò, Senna invece riuscì a ripartire, aiutato dai commissari, ma tagliò la chicane. Alla vista di ciò il campione francese andò subito a farlo presente ai commissari di gara che indagarono.

La gara si concluse con la vittoria di Senna, ma a gara ormai finita i giudici di gara decisero di squalificarlo per quella mossa giudicata irregolare. Una decisione che mandò su tutte le furie Ron Dennis e lo stesso Senna poiché fu evidente che la scelta dei commissari fu politica più che sportiva. Il regolamento effettivamente prevedeva che il pilota sarebbe dovuto ripartire “contromano” effettuando cosi la curva, ma allo stesso tempo lo avrebbe esposto ad eccessivi rischi.

La scena clou del Mondiale, con i commissari che aiutano Senna a ripartire (Getty Images)

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Deciso a riscattare l’affronto Ayrton continuò ad allenarsi per la stagione successiva nella quale ancora una volta ad ostacolare i suoi sogni di gloria sarebbe stato Prost, questa volta su Ferrari.

Inutile a dirsi che anche la stagione 1990 fu risolta in Giappone, ma questa volta ad essere avanti in classifica era Senna che guadagnò anche la pole position subito seguito da Prost.

Inspiegabilmente i commissari decisero di invertire l’ordine delle piazzole di partenza, permettendo cosi a Prost di partire sul lato più gommato della pista avvantaggiandolo notevolmente.

Al via i due piloti scattarono alla pari, ma si toccarono ritirandosi tutti e due. Senna era campione. Non fu mai chiaro come avvenne l’incidente e di chi fu la colpa di certo la figura del pilota brasiliano visto come un uomo profondamente pio contribuì a non alimentare sospetti sulla mossa.

Al bicampione del mondo ora mancava un solo obiettivo da raggiungere, vincere li dove è cresciuto e li dove ha esordito, Interlagos. In occasione del gran premio del Brasile 1991 conquistò la pole e guidò come un forsennato creando il vuoto alle sue spalle, nulla sembrava potersi frapporre tra lui e la vittoria.

A pochi giri dal termine però, il cambio della sua auto si ruppe costringendolo a rimanere in sesta marcia, una condizione che normalmente avrebbe portato al ritiro di qualunque pilota, ma non Senna, non quel giorno. Incredibilmente continuò la sua corsa riuscendo in una vera e propria impresa e quando ormai stremato, alzò la coppa davanti il suo pubblicò fece esplodere di gioia le gremite tribune dell’autodromo.

Ayrton Senna e Alain Prost (Getty Images)

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Le successive due stagioni furono segnate dal dominio Williams, ma il pilota non mancò di stupire come in occasione del gran premio di Donington nel 1993 in cui sotto una pioggia torrenziale vinse di misura.

In occasione dell’ultimo gp di Prost, Australia 1993, Senna abbraccio il rivale, da cui erediterà il sedile nella stagione successiva, come a voler mettere da parte tutti gli antichi dissapori.

Si arrivò alla stagione 1994, l’ultima per il pilota nella quale avvenne l’incidente fatale.


30 aprile 1994 prove libere del gran premio di San Marino.

La Jordan guidata dal giovane Rubens Barrichello è vittima del cedimento della sospensione posteriore sinistra che causò un rocambolesco incidente al pilota dal quale si riprese con fatica.


31 aprile 1994 giorno delle qualifiche.

Roland Ratzenberger, alla guida della Simtek, mentre affrontava il rettilineo all'uscita della curva Tamburello, subì la rottura dell'ala anteriore. Ciò fece perdere deportanza alla vettura e causò lo schianto fatale alla curva Villeneuve.

Tutti i piloti furono visibilmente scioccati dall’accaduto soprattutto Senna che sembrava deciso a non prendere parte alla gara del giorno successivo. Non sappiamo con certezza cosa gli fece cambiare idea, ma la mattina dell'1 maggio Ayrton era pronto a scendere in pista.


1 maggio 1994 giorno della gara.

Durante il quinto giro mentre affrontava la curva del Tamburello, si ruppe il piantone dello sterzo e Senna non riuscì a curvare ed andò dritto colpendo con violenza il muro di protezione. La telemetria evidenziò che il pilota approcciò il Tamburello ad una velocità di circa 310 km/h e che nel tentativo di curvare frenò bruscamente, riducendo la velocità a 211 km/h nei 2 secondi che intercorsero tra l'uscita di pista e l'impatto col muro.

Nell'impatto, una sospensione dell'auto si spezzò, portando con se una gomma, che colpì Senna alla testa, provocandogli un grave trauma cranico. Inoltre il braccio della sospensione penetrò nel casco attraverso la visiera e trafisse Senna, poco sopra l'occhio, provocandogli gravissime lesioni a livello cerebrale. La gravità dell'incidente fu subito evidente, e la direzione di gara espose la bandiera rossa.


Prontamente il pilota venne trasportato al vicino ospedale di Bologna nel quale i medici tentarono l’impossibile per salvarlo, ma alla fine, alle ore 18,40 i dottori dichiararono la morte di Ayrton.

Al pilota furono resi tutti gli onori che spettano ad un vero e proprio eroe nazionale, a San Paolo celebrarono per lui il funerale di stato al quale parteciparono tutti i piloti con il quale si era confrontato nella sua carriera, gli anziani dai quali imparò ad affinare le sue doti e giovani, come Schumacher, ai quali (anche se con qualche screzio) fu un abile maestro.

La storia di Senna ci insegna come applicandosi si possano conseguire gli obiettivi prefissati. Non fu il primo a compiere imprese straordinarie, prima di lui Lauda nel 1976 compì un autentico miracolo dimostrando una passione per questo sport fuori dal comune, e non sarà sicuramente neanche l’ultimo ma, a differenza degli altri, Senna seppe diventare un simbolo per i suoi coetanei e per le generazioni future lasciando molto più di un "semplice" tre volte campione del mondo.


Sono trascorsi esattamente venticinque anni dalla sua morte, cinque lustri dall'addio a un campione che ha cambiato per sempre il mondo dei motori e di ogni sport. Venticinque anni dalla fine di quell'ennesima impresa, che in fondo è stata -semplicemente- la sua vita. Grazie di tutto Campione.