Il 27 gennaio il Frosinone passeggia al Dall'Ara sulle macerie di un Bologna che è allo sbando più totale. È l'ultimo atto della gestione Inzaghi che chiude al terzultimo posto con 14 punti, due sole vittorie e una serie di prestazioni horror. La B è molto più di uno spauracchio: urge cambiare. E la società cambia.

Il giorno dopo arriva come nuovo allenatore Sinisa Mihajlovic, dieci anni dopo il suo esordio da capo allenatore proprio a Bologna. Si porta dietro la fama di duro, di sergente di ferro, di uno che se sbagli ti appende all'armadietto e ti lascia lì. In realtà non accade nulla di tutto questo. Miha tranquillizza la squadra, le dà fiducia, la ricompatta. si fa seguire dai giocatori e in tempi rapidissimi trasforma la squadra come un calzino.
Tre mesi dopo il Bologna ha 8 punti sulla terz'ultima - con lo scontro diretto favorevole -, ha ottenuto più del doppio dei punti della prima parte di stagione, è ad un passo da una permanenza nella massima serie che pareva inverosimile. Ma cosa è cambiato in concreto da Inzaghi a Mihajlovic? Partiamo da qualche dato statistico.

ALLENATOREPARTITE% POSSESSO PALLATIRI

(MEDIA)

TIRI IN PORTA (MEDIA)ASSIST AL TIRO

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GRANDI OCCASIONI (MEDIA)
Inzaghi2140%251 (11,9)72 (3,4)179 (8,5)24 (1,1)
Mihajlovic1349%182 (14)69 (5,3)117 (9)30 (2,3)

È fin troppo evidente che il Bologna sia passato dall'essere una squadra rinunciataria ad una propositiva. Attacca di più e meglio, crea più chance da gol, tiene un baricentro più alto, è più coraggioso, diverte e si diverte, sa cosa fare del pallone. Mihajlovic e il suo staff hanno dato una nuova veste al team ribaltando la teoria largamente diffusa secondo la quale per salvarsi bisogna serrare le fila e prenderne meno possibile.

Non è solo una questione di modulo: il rigido e poco brioso 5-3-2 di Inzaghi è stato trasformato solo nominalmente in un 4-2-3-1. In fase offensiva Mbaye resta basso a fare il centrale di destra mentre Dijks sale ad innescare le connessioni con Sansone; Soriano va ad occupare lo spazio in area lasciato libero dalle scorribande di Palacio; Dzemaili si muove in modo opposto al Trenza; Orsolini dà ampiezza sulla destra. In fase difensiva invece la squadra disegna un 4-4-1-1 con Soriano che a seconda dell'avversario copre o sul regista di centrocampo o sul centrale che imposta. 

E non c'entra solo l'incidenza del mercato, che pure ha permesso di portare sotto le Due Torri tre titolari come Lyanco, Sansone e Soriano che hanno permesso di adottare più facilmente le modifiche tattiche sopra descritte. In modo diverso e in tempi diversi hanno inciso tutti e tre.

C'è stata anche un po' di buona sorte, ovviamente. Il gol di Destro al Sassuolo al 96' oppure l'infortunio di Santander contro il Cagliari che ha costretto Miha a passare all'assetto con Palacio falso nueve: così il Bologna ha preso letteralmente a volare. Ma Eupalla, la dea del calcio, non regala alcunché a chi non se lo merita.

Ci sono stati poi degli elementi che hanno totalmente cambiato faccia e atteggiamento con il cambio in panchina. Pulgar, ad esempio, è diventato un regista dominante ben oltre il numero di gol su rigori e punizioni: a centrocampo decide lui che tempo fa. Dzemaili ha ripreso vigore fisico, Orsolini è esploso anche in zona gol - quello che Sinisa gli aveva rimproverato in una delle prime conferenze stampa -, Dijks si è riscoperto un terzino completo. Persino Destro ha dato segni di vita, anche se gli infortuni continuano a tormentarlo. Qui si fa poca strada nel trovare il responsabile: Mihajlovic ha saputo toccare le corde giuste di ognuno di loro e mettere tutti nelle condizioni di rendere al meglio, trovando per di più il giusto equilibrio tra l'avere gerarchie ben definite e il tenere tutti sulla corda.

Mancano 4 punti al Bologna per l'aritmetica salvezza, che può arrivare già al prossimo turno. Una salvezza che entrerebbe nella storia del calcio italiano perché raramente si è visto un allenatore capace di ribaltare una squadra come ha fatto Sinisa Mihajlovic da Vukovar.