Quarantuno punti dopo venticinque giornate. A fine novembre sembrava quasi impossibile, invece la mission di Gennaro Gattuso procede a gonfie vele, senza nemmeno dare l'impressione di potersi arrestare di qui a breve. E anche la situazione in classifica, a tredici turni dal 'rompete le righe', diventa di conseguenza più interessante per il Milan. Settimo posto a pari merito con la Sampdoria di Giampaolo e soprattutto soltanto a sette lunghezze dai cugini dell'Inter. Scenari pressoché inimmaginabili fino a fine 2017.


Eppure il 27 novembre scorso, quando Montella fu esonerato dopo lo 0-0 casalingo contro il Torino, la squadra era esattamente alla stessa altezza in graduatoria. Che cos'è quindi realmente cambiato da allora? Praticamente tutto: motivazioni, gioco, atteggiamento in campo, distacco dalle compagini che precedono i rossoneri (e quindi dai piazzamenti europei), prospettive, senso di appartenenza. I numeri non mentono mai: con l'attuale allenatore del Siviglia in sella, il Milan ha collezionato 20 punti in 14 partite (1.43 di media a incontro), realizzando 19 gol (1.36) e subendone 18 (1.29). Gattuso ha esordito il 3 dicembre con il clamoroso e rocambolesco 2-2 sul campo del Benevento, poi si è regalato i suoi primi tre punti una settimana più tardi (2-1 al Bologna), ripiombando però nuovamente nel baratro con i successivi due KO di fila al cospetto di Verona (3-0) e Atalanta (0-2). L'aver chiuso in crescendo l'anno con il pari di Firenze (1-1) era il segnale con cui chiunque, dai giornalisti agli addetti ai lavori, avrebbero dovuto intuire che qualcosa stava cambiando in maniera netta e (forse) definitiva.

Dall'inizio del 2018, la svolta totale. Cinque successi in sei gare complessive (Crotone, Cagliari, Lazio, Spal, Sampdoria; in mezzo, lo sfortunato 1-1 a Udine), tanti quanti nelle precedenti 17 giornate; 11 centri realizzati (1.83) e appena 3 incassati (0.5). Pensate che Suso e compagni, da inizio gennaio a oggi, hanno effettuato una media di 18 tiri a partita: nei top 5 campionati del Vecchio Continente solo Tottenham e Real Madrid sono state in grado di fare meglio. L'evidente miglioramento anche in fase difensiva è stato suggellato proprio ieri sera contro la Sampdoria: secondo clean sheet consecutivo (addirittura il terzo, se consideriamo anche lo 0-3 in casa del Ludogorets), mai era successo in questa stagione. A beneficiarne, ovviamente, sono stati anche i fantallenatori possessori di Gianluigi Donnarumma: dopo aver sborsato fior di crediti nell'asta estiva, sperando di ottenere dal numero 99 rossonero un'ingente somma di +1, finalmente qualche gioia dopo un'annata piuttosto travagliata.

E sui singoli? Gigio a parte, anche lì è stato fatto un lavoro maiuscolo. La valorizzazione di Calabria, la rinascita di Bonucci e Biglia, le certezze Suso e Bonaventura, l'esplosione di Cutrone. In copertina, però, non può che esserci Hakan Calhanoglu, passato improvvisamente da oggetto misterioso e flop sensazionale ad elemento di qualità e pedina quasi insostituibile. L'upgrade del turco è sotto gli occhi di tutti: non solo dalla 18^ in poi è sempre andato a voto (a testimonianza, dunque, di un utilizzo costante nonostante un girone d'andata da film horror), ma ha anche collezionato un gol e un assist, mettendo a referto una fanta-media parziale del 6.81. In poche parole, al livello dei più ambiti e fruttuosi colleghi di reparto.

All'orizzonte, adesso, tre partite che potrebbero indirizzare la stagione in un senso o nell'altro. Dando per scontata la qualificazione agli ottavi di Europa League (altro obiettivo assolutamente da non sottovalutare, né tanto meno da snobbare), per il Milan arriveranno in serie la trasferta con la Roma in campionato, il ritorno della semifinale di Tim Cup all'Olimpico contro la Lazio e poi il derby del 4 marzo. Quando oltre all'esito elettorale, si attenderà anche la risposta a un appassionante quesito: la qualificazione alla prossima EL è davvero l'obiettivo massimo a cui ambire o si può lecitamente sognare qualcosa in più?