Nella sezione approfondimenti è già stato più volte descritto il rendimento offensivo del Napoli osservato dal punto di vista numerico. Riprendiamo l’argomento, sia per aggiornarne il dato statistico e sia per vagliare con elementi più concreti e attendibili il fondamento delle critiche che, in seguito alle ultime prestazioni, sono state rivolte alla squadra e all’operato dell’allenatore.

Si potrebbe provare a partire dagli aspetti più importanti e significativi della fase offensiva. Prima di tutto, la definizione nel gioco di tentativo offensivo, assimilabile nella nitidezza di un’azione d’attacco. Il Napoli di quest’anno, in serie A, è tra le squadre più performanti, con il 18,2 di tiri a partita, contro i 17 di Sarri nella scorsa stagione, volendo effettuare un paragone con i numeri della passata gestione tecnica. Dato che in casa cresce ancora di più. Infatti, tra le mura amiche il Napoli registra una media di 21,2, a dispetto dei 18 indicati sempre dall’annata scorsa. In Europa, invece, volendo ampliare la valutazione numerica, il Napoli risulta secondo nella classifica assoluta, dietro soltanto il Bayern Monaco e davanti a squadre come Mancester City, Real Madrid e Chelsea. Curiosità, in questa speciale classifica tra i primi dieci posti compaiono quattro squadre italiane. Nell’ordine: Napoli (seconda), Atalanta (sesta), Juventus (settima) e Lazio (ottava).

Affacciandoci su dati più specifici, ci si accorge che nel funzionamento del gioco del Napoli pesa il momento conclusivo, che, ovviamente, non può dipendere dall’allenatore. Secondo le statistiche della Lega Calcio, il Napoli è terzo nella classifica di goal segnati, primo nella classifica tiri verso porta, primo nella classifica tiri nello specchio della porta (questo elemento risulterà più utile più avanti) e primo nella classifica di conclusioni fuori lo specchio della porta. Poi, è secondo nella classifica assist, primo nella classifica pali e traverse, secondo in quella di calci d’angolo conquistati. Mentre, se si guarda ai report individuali, il Napoli continua ad essere l’unica squadra ad avere due calciatori tra i primi dieci nella classifica marcatori (Milik e Mertens) e, con Atalanta e Juventus, ad averne due tra i primi dieci nella graduatoria assist men, oltre che la sola a registrarne due tra i primi dieci nella classifica tiri in porta (dato che risulta, chiaramente, conseguenziale).

Quella freddezza davanti al portiere avversario

Torniamo, però, al peso specifico della fase realizzativa. Come sottolineato da alcuni siti sportivi e da alcune riviste di settore, uno strumento idoneo e attendibile per valutare l’efficacia del gioco (non della sua risultanza sul punteggio definitivo) offensivo, e quindi dell’efficacia degli schemi e delle idee tattiche, è la frequenza del cosiddetto Expected Goal, un concetto statistico ritenuto molto indicativo dagli allenatori più prestigiosi attualmente in attività. Un software appositamente elaborato su dati presi in considerazione negli ultimi anni valuta il livello di pericolosità di un’azione rispetto alla facilità di cui in quel momento conclusivo gode l’attaccante. L’expected goal è potenzialmente un’occasione più “facile” da trasformare in goal. La valutazione viene effettuata su parametri che riguardano l’angolo della posizione del tiratore, la distanza dalla porta, il tipo di assist o di rimpallo ricevuto, l’ampiezza libera o meno da ostacoli difensivi e altre dinamiche che possono incidere sull’azione di gioco. Il concetto di expected goal ha attraversato anche diverse trafile dottrinali, soprattutto rispetto al tipo di dato da prendere in considerazione. 

Secondo Paul Riley, vanno presi in considerazione soltanto i tiri destinati verso lo specchio della porta, analizzando la qualità e la pericolosità della conclusione rispetto a un potenziale teoricamente “codificato” su parametri ideali. Una valutazione della conclusione rispetto a un ipotetico tiro perfetto. Diversa è invece l’analisi di Michael Caley, che, aggiornando negli anni i suoi studi con voci ed elementi sempre nuovi, ha elaborato una specie di scala di riferimento della pericolosità del goal e del livello di difficoltà della finalizzazione. Variabili come, per esempio, il tipo di passaggio e la posizione rispetto alla porta diventano determinanti. Ecco che, nel caso del Napoli, l’incidenza di expected goal, e torniamo alla voce statistica dei tiri verso lo specchio della porta, appare molto evidente nel campionato del Napoli. In casa con la Roma, col Genoa, con l’Atalanta e con la Juventus, il Napoli ha registrato un divario molto marcato tra reti realizzate ed expected goal. Stessa anomalia evidenziata nella trasferta di Firenze e, tornando alle gare casalinghe, con Chievo e Torino. Il numero molto alto di palle goal sprecate, per dirla in termini più immediati, calcola un deficit di classifica potenzialmente approssimabile ai 14 punti in più in classifica. Dato che, chiaramente, va preso in ragione dei punteggi definitivi dal punto di vista numerico, ma ipotetico rispetto all’esito finale delle singole partite. 

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Il dato tattico e territoriale

Anche l’aspetto tattico non è da sottovalutare. Oltre ai dati specifici, emerge anche quello dell’andamento di gioco. Intendendolo come tendenza al controllo del gioco (predominio territoriale, possesso palla et cetera), il Napoli o risulta preponderante nel possesso palla o, rispetto a questa voce, in equilibrio (avviene molto raramente) con l’avversario. Nelle sconfitte con la Juventus in casa, nel pareggio di Reggio Emilia, in quello con il Genoa al San Paolo, nella sconfitta di Empoli, solo per citarne alcune, il Napoli ha esercitato la migliore percentuale di possesso palla e il maggior numero di passaggi con dati nettamente favorevoli alla sua disposizione tattica. Considerando, per esempio, che con la Juventus il Napoli ha giocato anche una parte della gara in inferiorità numerica. Con l’Atalanta, per oltre un tempo di gioco, il meccanismo tattico disposto da Ancelotti ha prevalso su quello di Gasperini, funzionando con verticalizzazioni rapide e superiorità numeriche determinate dalla spinta di Malcuit (fluidificante che giova di più alla fase offensiva). La sconfitta è stata determinata dalle occasioni non concretizzate sull’1-0 per il Napoli (a proposito di expected goals) e non dalla mancanza di gioco.

Con l’Arsenal?

Non potrebbe essere inutile rispolverare anche Napoli-Arsenal. Se all’andata il Napoli aveva creato meno degli avversari in termini di conclusione, mentre aveva tenuto un possesso palla superiore di sedici punti percentuali, nella gara di ritorno gli azzurri, in termini statistici, hanno prevalso nettamente sui londinesi. 20 tiri a 7 per gli azzurri nel computo totale (ma appena 2 nello specchio della porta), 9 calci d’angolo a 5 per il Napoli, 646 passaggi contro i 287 degli inglesi (con l’86% riuscito, superiore al 65% dell’Arsenal) e, dato emblematico, 70 a 30 nel possesso palla per gli uomini di Ancelotti. Anche in questa gara, a conferma di quanto detto, una percentuale negativa in termini di rapporto tra gol fatti ed expected goals.

Il Napoli non ha smesso di somigliarsi

Il Napoli attuale, probabilmente, soffre di una fragilità emotiva causata pure da questa incapacità di chiudere le partite. Un aspetto che, in assenza di un centrale come Albiol, pesa sulla psicologia di un undici che non è incapace nel costruire gioco, ma soffre di una psicosi nell’ipotecarlo in un punteggi più rassicuranti o nella capacità di sbloccarlo laddove imbrigliato da fasi difensive molto dense sul piano della disposizione tattica da parte degli avversari. Ma questo è un dato di cui hanno sofferto anche i Napoli di Benitez (nella seconda stagione del tecnico spagnolo il Napoli è risultato il quarto attacco d’Europa in termini di costruzione offensiva) e di Sarri. Più che porsi problemi di gestione tecnica, forse, ci sarebbe da porsi quello della presenza di qualche interprete più performante. Da affiancare a quelli presenti, non da sostituire.